Il 27 giugno 1980 un DC9 con a bordo 81 passeggeri si squarciava in volo nei cieli di Ustica.
Quest’anno, nel trentesimo anniversario, prima Cossiga ha affermato che i responsabili della strage di Ustica vanno cercati in Francia. Poi Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per famiglia e tossicodipendenze, – noto per aver dichiarato che Stefano Cucchi era morto perché drogato, anoressico e sieropositivo, – ora sostiene, contro tutte le evidenze, che quella strage non fu l’effetto di un missile militare di un qualche Stato, ma di una «bomba nella toilette». Infine, arriva anche il presidente Napolitano: «le indagini e i processi svolti sin qui non hanno consentito di fare luce sulla dinamica del drammatico incidente». Dopo decenni di depistaggi, di depistaggi dei depistaggi, con più di una decina di «morti sospette» fra i pochi testimoni diretti dei tracciati radar, ora le nuove tecniche della smemoratezza di Stato prevedono la moltiplicazione arbitraria e contraddittoria delle ipotesi.
«L’inchiesta», si legge nella sentenza del 1999, «è stata ostacolata da reticenze e false testimonianze, sia nell’ambito dell’Aeronautica italiana che della NATO, le quali hanno avuto l’effetto di inquinare o nascondere informazioni su quanto accaduto. […] L’incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti».
Ma questo spettacolo indecoroso di revisionismo immaginifico ad opera di deputati e sottosegretari riguarda da anni pure le stragi di Stato: dalla strage di Brescia a quella di Bologna. E il 2 agosto ricorrerà il trentennale anche della strage di Bologna. Già politici e giornalisti si preparano a raccontare fantasiosi retroscena e «piste» che, da anni, non fanno che prolungare i depistaggi di un tempo.
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