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La verità esiste, ma non è in questo film

Non siamo i soli ad aver visto il film Romanzo di una strage con rabbia e preoccupazione: un grande bidone che simula una «riapertura» di che cos’è stata la strage di Piazza Fontana, e invece fa di tutto per attutire e scolorare ogni segno residuo di scontro, per scongiurare, occultare e affogare un inevitabile punto di vista «di parte». Ed è un film che, «artisticamente» e con il supporto di Rai Cinema, va nel senso delle tante sentenze autoassolutorie che lo Stato ha pronunciato sulle stragi.

Anzi, nel film vi è una vera e propria «strategia della distensione», con le supposte relazioni «umane» tra Pinelli e Calabresi. E tutti, dagli attorucoli divenuti protagonisti ai pataccari autori chi del libro sul Segreto di Piazza Fontana chi della sceneggiatura, ammantano la favola di bei sentimenti edificanti e dicono di «servire il Paese» con il loro film. Che servano, non c’è dubbio, a chi servano si vede fin troppo bene.

Vedi:

N: Nessun [giudizio ideologico]

La verità esiste, ma non è in questo film

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