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#NonsoloBibbiano

Nel vuoto spinto di questa fine estate italiana, per un momento ha ripreso quota sui media il caso abietto e odioso di Bibbiano. Ovviamente, i media mettono in primo piano qualche dettaglio sensazionale per attrarre lettori, ma non si pongono domande fondamentali e assai poco rassicuranti: quali meccanismi hanno reso possibili tali violenze istituzionali? quanto sono estese? da quanto tempo durano?…

In effetti l’articolo 403 che dà ogni potere ai servizi sociali per allontanare i bambini dalle famiglie è un articolo di epoca fascista, mai modificato e applicato da settant’anni nei modi più odiosi, classisti, razzisti e discriminatori.

Ancora oggi, ogni anno sono migliaia in Italia gli allontanamenti coatti di bambini dalle loro famiglie per i motivi più vari, spesso assurdi, vaghi, ridicoli. Migliaia di genitori sono obbligati a somministrare psicofarmaci ai loro figli per non vederli affidati a comunità terapeutiche in base a diagnosi inconsistenti di «iperattivismo» o «deficit d’attenzione». Tutto in base a un modello sempre più burocratico di «sicurezza» e di «salute» che ha dietro affarismo, equilibri di potere, strutture, soldi pubblici, appalti, consulenze… Continued…

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«Qui siamo, qui restiamo»

«Tutti in regola» è il nuovo slogan lanciato dal sindaco Virginio Merola dopo lo sgombero di Xm24 con una lunga intervista al «Resto del Carlino» dalle spiagge dell’Albania… È da una vita che ci provano a riportare la loro «sicurezza» e il loro grigiore nei luoghi della creatività e della protesta sociale. E in questi anni l’autoritarismo «buonista» del PD non ha fatto altro che agevolare e ispirare il leghismo salvinista… Ora si tratta di resistere a tutto campo, con ogni mezzo opportuno, con ogni gesto necessario. Solidarietà a Vag61!

Qui siamo, qui restiamo

Il Comune di Bologna, con un avviso pubblico che riguarda complessivamente dieci edifici di proprietà dell’amministrazione, ha messo a bando la gestione dell’immobile di via Paolo Fabbri 110 che dal 2004 è la casa dei progetti e delle iniziative di Vag61. Questo atto burocratico si insinua all’interno di una storia che ha già alle spalle 15 anni di attività, grazie alle quali un piatto deposito a rischio abbandono si è trasformato in uno spazio libero autogestito frequentato giorno dopo giorno da un numero incalcolabile di persone. Un destino ben diverso, guarda caso, da quello dell’immobile che Vag61 occupò in via Azzo Gardino, prima di ottenere l’attuale sede. Dopo lo sgombero, sono passati tre lustri di completo inutilizzo con buona pace dei “progetti” sventolati all’epoca per giustificare l’intervento della polizia: basta dare un’occhiata a queste immagini per rendersi conto dello stato in cui si è lasciato ridurre l’edificio insieme al suo cortile. E ora, proprio poco tempo fa, il Demanio ha fatto sapere di non aver trovato niente di meglio da fare che mettere tutto in vendita a favor di privato. Con gli immobili pubblici funziona così, a Bologna.

L’edificio di via Paolo Fabbri 110, invece, grazie a Vag61 oggi è un centro sociale che (partito dal progetto media center e con la nascita di uno dei primissimi mercati contadini di CampiAperti in città) attraversa ed è attraversato da molteplici percorsi: il Centro di documentazione dei movimenti “Francesco Lorusso – Carlo Giuliani” (che ha ricevuto la “Dichiarazione di interesse culturale” da parte della Sovrintendenza archivistica dell’Emilia-Romagna – Archivio di Stato di Bologna), Smk videofactory e OpenDDB, il Fondo Roversi, la Palestra popolare, il quotidiano online autogestito Zeroincondotta – Zic.it, il cantiere culturale permanente di Resistenze in Cirenaica, il Comitato B.E.C.C.O. (Bologna Est Contro il Cemento e per l’Ossigeno), il Nodo Sociale Antifascista, il Condominio Bel(le)trame in sinergia con il vicino dormitorio, la musica di Bologna Calibro 7 Pollici, i cibi resistenti della Brigata cucinieri, i gruppi di acquisto solidale di Alchemilla G.a.s. e Giaz… E poi i filoni di attività – per citare le più recenti – legate alla letteratura sociale, alla lotta del popolo kurdo, alle mobilitazioni femministe di Non Una Di Meno e non solo, alle condizioni di chi viene privato della libertà o rischia di esserlo. Al fianco di questi e altri progetti, le iniziative organizzate e ospitate in via Paolo Fabbri 110 sono centinaia e centinaia: sono tutte elencate sul sito Vag61.info, se qualcuno volesse averne conferma. Per portare avanti tutto ciò, negli anni abbiamo riversato negli spazi di via Paolo Fabbri 110 un investimento sociale, politico, culturale e anche economico difficile da rendere in freddi numeri. Ma Vag61 è lì, a testimoniare ogni tassello di questa piccola grande storia. Continued…

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Israele-Russia-Arabia Saudita: gli affari sono affari, anche quelli di Stato

La loro «sicurezza», la nostra oppressione…

ISRAELE-RUSSIA-ARABIA SAUDITA: GLI AFFARI SONO AFFARI, ANCHE QUELLI DI STATO
di Gianni Sartori

Un passo indietro. Fine luglio di quest’anno.

La registrazione di una sessantina di candidati indipendenti alle prossime elezioni per il parlamento russo veniva rigettata per presunte irregolarità nella raccolta delle firme richieste. Alcuni degli esclusi non si rassegnavano e presentavano ricorso in quanto ritenevano che le “irregolarità” fossero state prefabbricate per screditare l’opposizione impedendole di partecipare alla scadenza elettorale.

Una manifestazione di protesta – davanti al municipio di Mosca, non autorizzata – veniva stroncata sul nascere dalla polizia che arrestava centinaia di persone (si era parlato di 520). Sia in questa prima occasione che in quelle successive – sempre in merito all’interdizione dei candidati – venivano ampiamente utilizzati i telefoni cellulari.

È invece di questi giorni l’altra notizia. La società israeliana Cellebrite avrebbe venduto alla polizia russa la tecnologia che consente di piratare (non vedo quale altro termine si possa utilizzare…) qualsiasi contenuto telefonico. Ossia penetrare nel cellulare dei manifestanti arrestati, accedere alle reti sociali e leggervi tutti i contenuti delle messaggerie.

La società israeliana – specializzata in cybersicurezza – si è giustificata dichiarando di “sviluppare una tecnologia che consente alle forze dell’ordine di combattere il crimine e il terrorismo” e di vendere tale tecnologia solamente a “entità giuridiche autorizzate”.

Che poi tali entità – gli Stati, si presume – siano sempre una garanzia di democrazia e di legalità… rimane tutto da dimostrare.

Risaliva invece alla fine dell’anno scorso (dicembre 2018) la notizia che un’altra società israeliana (il gruppo NSO tecnologie, noto per un suo computer, il Pegasus) era sospettata di aver fornito all’Arabia Saudita la tecnologia atta a sorvegliare il telefono di un esponente dell’opposizione. Un certo Jamal Khashoggi a cui si interessavano i servizi segreti di quel paese. Conosciamo la conclusione…

Per il Washington Post tale azienda nel 2017 avrebbe organizzato una serie di riunioni (sia a Vienna che in un non meglio precisato “Paese del Golfo”) negoziando un contratto di 55 milioni di dollari per fornire il Pegasus 3. Un altro dissidente saudita ha denunciato l’azienda israeliana accusandola di aver aiutato Riyad a sorvegliare le sue telefonate con Khashoggi.

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Altri scalpi per Bolsonaro…

Fascismo, sopraffazione e violenza poliziesca avanzano nei più diversi e lontani angoli del pianeta e sta a tutt* noi fermarli prima che sia tardi!

ALTRI SCALPI PER BOLSONARO…
di Gianni Sartori

Per quanto è stato possibile finora ricostruire un gruppo di poliziotti armati di tutto punto, a bordo di veicoli e di elicotteri, avrebbe assalito una comunità indigena nel centro-ovest del Brasile. Terrorizzando, picchiando e ferendo diverse persone appartenenti agli autoctoni Kinikinawa. L’aggressione è stata in parte, ma solo inizialmente, ripresa in un video. Altre immagini riprese successivamente mostrano volti feriti e sanguinanti.

Di cosa sarebbero accusati i Kinikinawa? Semplicemente di aver rioccupato, il primo agosto, una piccola parte dei loro territori ancestrali, terre che erano state letteralmente rubate dagli allevatori. L’operazione di legittimo ritorno da parte degli indigeni si stava appunto concludendo quando è arrivato l’attacco delle forze dell’ordine.

A quanto sembra non c’è stata un’ordinanza ufficiale, emessa da un giudice, per espellere i Kinikinawa. Presumibilmente la polizia ha agito su richiesta di un sindaco o direttamente degli allevatori. Da gennaio, con l’arrivo al potere di Bolsonaro, le aggressioni e le invasioni di territori abitati dalle popolazioni autoctone si sono moltiplicate.

Gianni Sartori

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[BO] Un inquietante comunicato dei «Poliziotti democratici e riformisti» sullo sgombero di Xm24

Dopo lo sgombero di Xm24, il «Movimento dei poliziotti democratici e riformisti» di Bologna ha pubblicato un inquietante comunicato con cui intende segnalare una presunta «violenza psicologica» subita dagli agenti durante lo sgombero…

Lasciamo stare che i poliziotti a Bologna abbiano una storia di tutto rispetto in fatto di violenze, e basti soltanto ricordare che il 20 maggio 2019 hanno effettuato una carica violenta, inutile e irresponsabile lungo una via stretta e senza vie di fuga come Via dell’Archiginnasio, mettendo a repentaglio l’incolumità di un migliaio di persone che contestavano un comizio neofascista.

Forse i poliziotti impegnati nello sgombero di Xm24 si aspettavano folle plaudenti di residenti felici e invece, nonostante fosse un caldo martedì d’agosto, si sono trovati di fronte un migliaio di persone, vecchi, ragazzi, famiglie, bambini, che manifestavano tutto il loro sdegno e il loro dissenso.

Forse si aspettavano di poter agitare i manganelli e invece si sono trovati lì senza far nulla a chiacchierare sotto il sole o a giocare con i telefonini, avvertendo la critica e il disprezzo di tanta gente accorsa sul prato antistante Xm24 mentre da tutta Europa arrivavano comunicati di solidarietà e quello sgombero vergognoso diventava la prima notizia sui media nazionali.

Noi abbiamo visto poliziotti che si davano il cambio passando tranquillamente tra i manifestanti e ricevendo critiche e ironie del tutto adeguate allo scempio che rendevano possibile: un luogo di autogestione e di sperimentazione dal basso attraversato da migliaia e migliaia di persone e da molteplici esperienze politiche, musicali, culturali, agricole e antropologiche, che veniva fatto a pezzi da una ruspa sotto gli occhi di coloro che amavano e avevano fatto vivere quel posto per diciassette anni… Continued…

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Contro il progetto turco-statunitense di occupazione del Rojava!

Il Congresso della società democratica del Kurdistan in Europa (KCDK-E) rivolge un appello all’opinione pubblica democratica e antifascista (vedi qui). È un invito a partecipare alle manifestazioni (previste dall’Australia al Canada) contro il progetto di occupazione della Turchia nei confronti del Rojava.

L’appello deriva dai recenti accordi intercorsi tra USA e Turchia, accordi che prevedono l’occupazione (ufficialmente “congiunta”) all’interno dei territori del Rojava.

Di alcune iniziative si conosce già luogo, giorno e orario:

BELGIO
Bruxelles, Gare Centrale – 10 agosto, 14h

FRANCIA
Marseille, Place Canebière – 10 agosto, 19h
Bordeaux, Place Théâtre – 10 agosto, 18h
Paris, Gare de l’Est – 10 agosto, 15h
Rennes, Place Colombie – 10 agosto, 16h
Draguignan, davanti alle Poste – 10 agosto, 18h

SVEZIA
Örebro, Våghustårget – 10 agosto, 13h
Göteborg, Brunsparken – 10 agosto, 13h
Malmö, Triangeln, 21143 Malmö – 10 agosto, 13h
Stockholm, Norra Bantorget – 10 agosto, 13h

PAESI BASSI
Amsterdam, Waterlooplein – 10 agosto, 15h

AUSTRIA
Graz, Place du Tyrol du Sud – 10 agosto, 16h
Vienne, Opéra / Karlsplatz – 10 agosto, 17h

GERMANIA
Berlin, Potsdamer Platz – 10 agosto, 17h
Hambourg, Sternschanze Station – 10 agosto, 16h
Stuttgart, Lautenschlagerstrasse – 10 agosto, 16h
Francfort, Kaisersack Station – 10 agosto, 14h
Bremen, Mercato di Brema – Stand informativo dal 7 al 10 agosto dalle 10h alle 18h

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Mentre la Turchia si prepara a invadere il Rojava, la Germania espelle chi sventola la bandiera curda

E il fascismo turco trova complicità e approvazione in Europa…

MENTRE LA TURCHIA SI PREPARA A INVADERE IL ROJAVA, LA GERMANIA ESPELLE CHI SVENTOLA LA BANDIERA CURDA
di Gianni Sartori

Risale a circa due anni fa (marzo 2017) l’annuncio del ministero tedesco degli Interni con cui si proibiva l’esposizione di simboli (bandiere, adesivi, magliette, manifesti…) di YPG, YPJ e PYD in quanto sarebbero “legati al PKK” (il Partito dei lavoratori curdi fondato da Ocalan).

Si tratta, ricordo, delle organizzazioni curde che nel Nord della Siria hanno combattuto contro lo stato islamico e che ora stanno faticosamente mettendo in pratica i principi del Confederalismo democratico.

Ad applicare la norma più severamente, almeno finora, è stata la Baviera. La notizia è di qualche giorno fa. Un curdo che viveva in Germania da oltre 30 anni, padre di quattro figli, veniva espulso per aver sventolato la bandiera delle YPG e per aver preso parte ad alcune manifestazioni a favore del suo popolo.

Letteralmente deportato in Turchia, l’uomo sarebbe però riuscito a fuggire ritornando in Germania (qui vive la sua famiglia) dove ha chiesto nuovamente asilo politico. Un altro episodio recente (ma in questo caso la denuncia non aveva comportato l’espulsione in Turchia) riguardava un rifugiato curdo che aveva inserito la bandiera delle YPG sulla sua pagina facebook.

Risale al 5 agosto il comunicato con cui l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord e dell’Est (AANES) richiamava l’attenzione dell’ONU e di altri organismi internazionali sulle minacce di invasione del Rojava da parte della Turchia. Un attacco che sicuramente comporterebbe gravi conseguenze per la pace e la sicurezza a livello internazionale.

Come sottolineava l’AANES recentemente la minaccia è diventata ancora più concreta, prossima con “la mobilitazione di forze militari turche alla frontiera nord della Siria, all’est dell’Eufrate”.

Scopo di Ankara, invalidare il progetto democratico curdo e “destabilizzare la sicurezza e la coesistenza tra le varie componenti del popolo siriano”.

In pratica estendere, generalizzare i metodi repressivi – al limite della pulizia etnica – ampiamente adottati in Afrin ormai da oltre un anno.

Condannando e denunciando le minacce del regime turco, l’AANES dichiara che “l’amministrazione autonoma, con tutte le sue componenti etniche e religiose, si unirà per fare fronte a tali minacce e resisterà in ogni modo possibile per difendere la sicurezza, la stabilità, la coesistenza in questa regione dove vivono oltre cinque milioni di persone, compresi gli sfollati e i rifugiati e senza dimenticare le migliaia di esponenti di Daesh (Isis) detenuti nelle nostre prigioni”.

Sottintendo – penso – che questi tagliagole (su cui i curdi comunque non hanno voluto infierire) verrebbero rimessi in circolazione dai loro alleati turchi.

Nel comunicato si ricorda poi che “i popoli del nord e dell’est della Siria hanno combattuto il terrorismo mondiale” morendo a migliaia. Mentre la comunità internazionale si interroga sulla situazione di Idlib, sembra invece voler ignorare quanto sta per accadere in Rojava.

E ancora una volta l’AANES assicura che “il nostro progetto politico è un progetto democratico e non secessionista” garantendo così di voler mantenere l’unità sia del territorio che del popolo siriano.

Gianni Sartori

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Ankara pretende che Atene chiuda i due campi profughi di Lavrio

E il fascismo turco allunga la sua ombra…

ANKARA PRETENDE CHE ATENE CHIUDA I DUE CAMPI PROFUGHI DI LAVRIO

di Gianni Sartori

L’anno scorso, verso la fine di ottobre – un convoglio – partito dalla Bretagna – carico di medicinali e apparecchiature sanitarie aveva raggiunto il campo di Lavrio in Grecia (a circa 60 di chilometri da Atene). Tra gli organizzatori, il sindacato Sud-Education, Solidaires, la CGT e l’associazione Amitiés kurdes de Bretagne.

Il viaggio rappresentava una prima missione esplorativa in risposta alle richieste dell’assemblea dei residenti, nella prospettiva di un intervento stabile, continuativo.

Particolarmente grave risultava la situazione sanitaria in quanto per Atene non esiste nulla di paragonabile agli aiuti economici che Ankara riceve dall’Unione europea (accordi del 18 marzo 2016) per trattenere i migranti nei territori sotto amministrazione turca.

Attualmente la Grecia ospita migliaia e migliaia di famiglie, entrate più o meno clandestinamente e provenienti dalle coste turche. In gran parte accampate nelle isole. Qui sorgono alcuni campi profughi di Stato come quello di Lesbo (9mila persone, mentre era stato previsto per 3mila).

Se generalmente i vari campi della Grecia versano in condizioni discutibili, quello di Lavrio – almeno in passato – costituiva una sorta di eccezione.

Costruito nel lontano 1947 per ospitare i lavoratori delle miniere locali, in seguito divenne un campo per ospitare, prima profughi e fuggitivi da oltre Cortina, poi dissidenti turchi e – dagli anni ottanta – indipendentisti curdi.

Oggi ospita sia curdi (in genere simpatizzanti di PKK e HDP), sia comunisti turchi (MLKP e MKP, m-l e maoisti).

La prosecuzione del conflitto in Siria e la repressione operata dal governo dell’AKP avevano alimentato talmente l’afflusso dei profughi che nel 2015 le autorità greche si videro costrette ad aprirne un altro a qualche chilometro dalla cittadina.

Fino al 2017 il governo greco era stato in grado di fornire un minimo di assistenza ai rifugiati (grazie alla presenza, poi venuta meno, della Croce Rossa e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Ma poi – con l’intensificarsi delle pressioni di Ankara che considera Lavrio un “luogo di formazione militare del PKK” – Atene ha preferito abbandonarlo al suo destino.

Da allora i rifugiati sopravvivono solo grazie all’aiuto locale e internazionale.

Facile immaginare come la situazione sia ulteriormente peggiorata dopo l’attacco turco contro Afrin dell’anno scorso.

E ora?

Ora Ankara torna all’assalto. Pretende che il governo greco chiuda i due campi buttandone in mezzo alla strada gli abitanti (circa 300 persone, tra cui 75 bambini). Addirittura, a fine luglio, con un’operazione di detournement da manuale, la televisione turca ha utilizzato, manipolandole, le immagini girate dalle associazioni solidali per alimentare la diceria che il campo sarebbe “nelle mani dei terroristi”. A quanto pare, il nuovo governo greco è intenzionato a chiudere vari campi profughi presenti sul suo territorio. E in particolare, assecondando il potente vicino, quelli di Lavrio. Al momento in Francia alcune associazioni si starebbero mobilitando per salvare i due campi, ma l’impresa appare ardua.

Gianni Sartori

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Xm24? Ancora una volta, ricominciare da capo non significa tornare indietro…

Oggi non è stata affatto una giornata di tristezza o di sconforto, ma una festa di rabbia, gioia e resistenza contro le miserie, gli affarismi e le ipocrisie del potere che crede di potere governare e controllare dall’alto le nostre vite.

Perché le centinaia e centinaia di persone, giovani, anziani, famiglie, bimbi, che al mattino del 6 agosto sono arrivati sul prato antistante Xm24 hanno dimostrato che, con le ruspe, potranno forse abbattere qualche muro, ma non potranno mai abbattere lo spirito libertario che vive e vivrà dentro l’esperienza di Xm24.

Quella di Xm24 è un’esperienza di libertà e liberazione che ha radici profonde nel quartiere della Bolognina e nella città di Bologna e perciò rinascerà dalle macerie che oggi Comune e Questura ci hanno voluto imporre.

Ed è questo il senso di aver recitato collettivamente l’Antigone durante lo sgombero dentro e fuori Xm24, riducendo al ruolo di comparse i poliziotti e i politici con la loro iniqua «legalità», i loro tweet di miserabili tirannelli democratici, le loro ridicole menzogne.

Ancora una volta, ricominciare da capo non significa tornare indietro…

Qui il comunicato di Xm24 dopo la giornata del 6 agosto.

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Xm24 resiste! Tutt* pront* per il giorno X!

Tutt* pront* per il giorno X in cui proveranno a sgomberare Xm24. Ognun* è parte del futuro e del presente! Xm24 resiste! Per avere informazioni tempestive Xm24resiste.

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