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[BO] sab 2 giu h.9: facciamo la festa alle forze armate! Cacerolazo sotto alle Due Torri

Non c’è nulla da festeggiare. Riceviamo e condividiamo la notizia di un cacerolazo antimilitarista e antifascista che si terrà domani 2 giugno alle ore 9 partendo dalle Due Torri.

Azzerare le spese militari, abolire gli eserciti, redistribuire la ricchezza

Ogni 2 giugno, nell’anniversario del referendum che nel 1946 sancì finalmente la fine della monarchia, si celebra la nascita della repubblica italiana. Ma come ogni stato che celebra se stesso quel giorno è in realtà la festa delle forze armate. A Roma il presidente della repubblica depone la solita corona d’alloro all’altare della patria e la parata militare invade i Fori e non risparmia neppure il cielo.

Un po’ ovunque parate, marce e marcette fanno sfoggio di simboli e retoriche militari. Uomini e donne in divisa, armi e mezzi ostentano il monopolio della violenza, ammorbando l’aria di retorica patriottica, mentre chi riceve le commesse si sfrega le mani ingrassando gli ingranaggi della perdurante rapina e gli esecutori continuano a eliminare essere umani per mezzo mondo seminando terrore e distruzione. Continued…

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[Cesena] mer 30 mag h.18: benefit antifascista al Magazzino Parallelo

Mercoledì 30 maggio al Magazzino Parallelo (via Genova 70, Cesena) si terrà un benefit antifascista!

Dalle ore 18 apertura mercatino dei produttori locali, banchetti e cibo bio.

Piatto vegan e aperitivo musicale a cura dell’Assemblea Antifascista di Cesena.

Sarà presente un banchetto informativo e vi sarà un breve aggiornamento sulla situazione locale, un resoconto sulle attività svolte e proposte per iniziative future.

A seguire concerto con La Leggera.

Non mancare!

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[Carpi] Altri 26 decreti penali contro l’antifascismo

È sempre più evidente che il decreto penale – cioè una condanna prima del processo – sta diventando uno strumento tutto politico per condizionare la libertà di espressione e per criminalizzare la critica antifascista! Riceviamo e condividiamo questo comunicato di Carpi antifascista.

CARPI: GRAVISSIMO ATTACCO REPRESSIVO ALL’ANTIFASCISMO

In questi ultimi giorni sono stati consegnati ben 26 decreti penali di condanna ad antifasciste/i carpigiane/i riguardanti i fatti del 4 agosto scorso: quel giorno Forza Nuova inscenò a Carpi un presidio intimidatorio davanti ad una palazzina che di lì a poco avrebbe ospitato alcuni migranti.

Chi quella sera decise, spontaneamente e coraggiosamente, di recarsi sul posto per rifiutare la presenza di FN si trovò ad affrontare le cariche della polizia e addirittura le minacce e le aggressioni degli impavidi camerati italici.

Infatti i neofascisti (una quarantina in tutto e provenienti da tutto il norditalia) si distinsero quella sera per ripetute aggressioni ai carpigiani che li contestavano (più di 60 persone arrivate alla spicciolata sul lato opposto della strada, tutte disarmate ed a volto scoperto).

Durante queste aggressioni, portate avanti con aste e cinture, i forzanovisti ferirono anche un poliziotto che si frapponeva tra i due schieramenti.

Oggi soltanto due di loro si vedono condannati per quelle aggressioni, mentre dall’altra parte ben 26 antifascisti/e si trovano accusati/e della semplice presenza sul posto, come se essere parte attiva della vita politica in città fosse un reato, come se ci fosse qualcosa di male nel rifiutare la presenza di un corpo estraneo a questa vita politica cittadina, quei neofascisti radunatisi a Carpi per propagandare odio, xenofobia ed intolleranza.

Altro fatto gravissimo è che questo processo, portato avanti dal g.i.p. a porte chiuse, senza alcun dibattimento e senza nemmeno avvisare gli imputati, pone sullo stesso foglio i membri di entrambi gli schieramenti: gli antifascisti e le antifasciste, con l’accusa di esser presenti in città, e i due neofascisti aggressori.

Essere nello stesso procedimento significa che tutti gli imputati possono vedere nomi e residenze degli altri imputati, ed ora i neofascisti dispongono dei dati personali delle persone che hanno aggredito.

Riteniamo inoltre inaccettabile porre per l’ennesima volta sullo stesso piano antifascisti/e e neofascisti. Lo abbiamo detto più volte e lo ribadiamo con forza: il fascismo non è un’opinione, IL FASCISMO È UN CRIMINE. Come antifascisti/e non condividiamo nessuna condanna e nessun processo con chi è già stato condannato dalla storia.

L’intento intimidatorio dell’apparato repressivo è grave ed evidente: a Carpi chi condivide e porta avanti i valori dell’antifascismo può subire minacce, aggressioni, manganellate ed infine processi.

Abbiamo però cattive notizie per neofascisti e repressori: la città ha già iniziato a stringersi attorno ai 26 imputati, l’opposizione a questo scandaloso processo è già partita, le ruote della solidarietà stanno già girando.

QUESTO PROCESSO NON FERMERÀ L’ANTIFASCISMO CARPIGIANO, CHE ANZI NELLE PROSSIME SETTIMANE RILANCERÀ MOLTE NUOVE INIZIATIVE!

Soltanto i neofascisti si troveranno isolati in questa vicenda, esattamente come sono stati isolati dalla città di Carpi e dalla Storia.

L’ANTIFASCISMO NON SI PROCESSA!

Carpi Antifascista

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Ancora provvedimenti disciplinari contro la libertà di espressione e di critica

Come forma di solidarietà verso un pacifista coraggioso e coerente, riproponiamo questa vecchia intervista del settembre 2011 ad Antonio Mazzeo, in questi giorni sottoposto a provvedimento disciplinare per aver criticato nella scuola dove insegna gli interventi autocelebrativi dell’esercito per l’infausto centenario della Guerra del ’15-’18. Qui una petizione di solidarietà.

Non esistono interventi umanitari, ma solo guerre

Chi è veramente contro la guerra considera le missioni militari solo un modo per mascherare vere e proprie operazioni belliche. Come spiega Antonio Mazzeo.

Antonio Mazzeo, “ricercatore per la Pace”, siciliano, ha operato per molti anni nella cooperazione internazionale. Soprattutto in Colombia, a Medellin. È autore di “Colombia, ultimo inganno” e del più recente “I padrini del ponte” (ed. Alegre) sugli intrecci mafia-ponte di Messina, oltre che di vari studi sui processi di militarizzazione del Mediterraneo. A lui abbiamo chiesto una valutazione sulle missioni militari all’estero. Continued…

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CasaPound, Pirandello e il «tubo vuoto»

«Non nel mio cognome». Giovanni Pirandello, pronipote di Luigi Pirandello, non ci sta. I manifesti di CasaPound con il volto del suo celebre bisnonno – manifesti che annunciavano la presentazione, nei giorni scorsi, di un libro, «Luigi Pirandello. Una biografia politica», con l’autrice Ada Fichera, e Carlomanno Adinolfi di CasaPound proprio presso la sede neofascista – non sono andati giù agli eredi di Luigi Pirandello.

Pirandello aderì al Fascismo all’indomani del delitto Matteotti, illudendosi che potesse essere un rimedio alla corruzione politica e che avrebbe dato supporto economico all’arte e al teatro. Ma restò sempre un artista malvisto e disapprovato dal regime. Fu ripetutamente accusato di «disfattismo» finendo ben presto fra i «controllati speciali» dell’OVRA, la polizia politica fascista. E dopo il 1929 preferì girare alla larga dall’Italia, vivendo in Francia e negli Stati Uniti…

Nel 1936 Luigi Pirandello diede una magistrale definizione del Fascismo:

«questo regime è un tubo vuoto, che ognuno può riempire di ciò che più gli aggrada. I vecchi conservatori ci vedono il ripristino dello Stato, i nazionalisti il culto della patria, i liberali l’ordine, i socialisti la corporazione, gli intellettuali la feluca e lo spadino dell’accademico, o alla peggio il sussidio del Minculpop…».

Ma anche CasaPound, in fondo, è un «tubo vuoto» riempibile con le più diverse appropriazioni furfantesche e manipolatorie: da Capitan Harlock, il pirata libertario creato dalla mano di Lejii Matsumoto, a Jack Kerouac, a Marx, a Madre Teresa di Calcutta, fino ad anarchici sovversivi e antifascisti come Rino Gaetano, Fabrizio De Andrè, Luciano Bianciardi e il Che

E la sola cosa che tutti costoro hanno in comune è che nessuno può più dire «Non nel mio nome!»…

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25 maggio 1975: i fascisti uccidono Alberto Brasili e massacrano Lucia Corna

Da Infoaut, per ricordarci che mentre l’estrema destra sventola in ogni occasione i santini dei due o tre neofascisti uccisi negli anni Settanta per alimentare con un po’ di vittimismo la sua attitudine violenta e omicida, sono invece centinaia e centinaia e centinaia le vittime dimenticate della violenza neofascista, uccise a volte per i più futili motivi, per un vestito troppo colorato o anche solo perché parevano felici…

25 maggio 1975: i fascisti uccidono Alberto Brasili e massacrano Lucia Corna

Domenica 25 maggio 1975: sono le dieci e mezzo di sera, Alberto Brasili, 19 anni, e la sua ragazza Lucia Corna, 23, stanno camminando in via Mascagni, a Milano, vicino a piazza San Babila.

È troppo tardi quando si accorgono di essere stati seguiti da cinque fascisti, usciti dal bar all’angolo fra corso Vittorio e piazza San Babila. Quando Antonio Bega, Pietro Croce, Giorgio Nicolosi, Enrico Caruso e Giovanni Sciabicco gli sono addosso, hanno solo il tempo di vedere il luccichio delle lame.

Alberto viene colpito da cinque coltellate, tutte ad organi vitali, quando arriva all’ospedale Fatebenefratelli il cuore smette di battergli, squarciato da una coltellata. Lucia viene colpita con eguale brutalità, ma sopravvive perché gli squadristi che le si accaniscono addosso la colpiscono all’emitorace sinistro, mancando il cuore di pochi centimetri.

Alberto dall’età di quattordici anni era uno studente lavoratore, frequentava le scuole serali, e di giorno lavorava in un negozio di antifurti elettrici, in modo da portare a casa uno stipendio in più, di cui la famiglia aveva necessità. Egli era un ragazzo che, come molti altri, si impegnava nella lotta per il diritto allo studio, e partecipava alle manifestazioni del movimento: nel 1970 ad esempio aveva partecipato all’occupazione della sua scuola, il Settembrini, per l’introduzione del biennio sperimentale, ed era stato identificato dalla polizia durante lo sgombero.

I due ragazzi aggrediti dalla squadraccia missina erano colpevoli di essere “vestiti da comunisti”, e di aver staccato un manifesto dell’MSI, vicino alla sede dell’ANPI dove poi sono stati colpiti alle spalle.

La situazione a Milano in questo periodo è rovente: a seguito dell’omicidio dell’antifascista Claudio Varalli da parte di Antonio Braggion, militante di Avanguardia Nazionale, avvenuto il 16 aprile, e delle numerose iniziative e manifestazioni antifasciste, il comune si era visto obbligato a negare tutte le piazze per il comizio per l’inizio della campagna elettorale dell’MSI, che si sarebbe dovuto tenere alcuni giorni dopo la morte di Alberto, per evidenti motivi di ordine pubblico.

Alcuni giornali hanno liquidato l’agguato ad Alberto e Lucia come un’“aggressione casuale”, o addirittura uno scambio di persona, ma nella realtà quello di Alberto è un “delitto fascista che si lega perfettamente al clima che la destra sta preparando in Milano in vista dell’apertura della campagna elettorale. Questa uccisione a freddo, apparentemente inspiegabile, ha lo stesso impatto psicologico di un attentato dinamitardo” (“Manifesto”, 27 maggio 1975).

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Cinque decreti penali per aver criticato il professor Mutti

Che Claudio Mutti abbia fiancheggiato il terrorismo neofascista e lo jihadismo islamista è un dato storico ripetuto da numerosi libri e giornali. Fondatore di Ordine Nero, amico di stragisti neri, inquisito per attentati e stragi, poi convinto khomeinista e teorico dell’incontro fra Islam integralista e Nazismo…

«A cominciare dagli amici di Franco Freda, come il professorino Claudio Mutti, esperto di neonazismo e Romania, antisemita accanito, anche lui ora in galera dopo le rivelazioni sulla strage di Bologna…».

(«L’Espresso», 7 settembre 1980)

«Il più famoso musulmano di estrema destra è probabilmente Claudio Mutti, le cui tracce sono rinvenibili in numerosi siti Internet. Mutti sembra aver scatenato un vero e proprio dibattito politico sulla legittimità di essere musulmano e fascista. Egli sarebbe un seguace della mistica islamica sulla scia dei movimenti dell’estrema destra che si rifanno alla società Thule, fondata nel 1918 dal barone von Sebottendorf. Mutti fu in passato tra i fondatori dell’organizzazione terroristico-golpista Ordine nero e ha testimoniato in tribunale riguardo alla consegna di armi da parte di Fatah alle Br. Secondo fonti dell’intelligence, questi gruppi mistici costituirebbero solo il retroterra culturale di un movimento europeo più ampio, che condivide la pratica del terrorismo islamico, riletto in chiave antisemita».

(Franz Gustincich, «Limes», febbraio 2004)

«In Italia il principale centro dei negazionisti sembra essere Parma: […] a Parma si trova “All’insegna del Veltro”, una piccola casa di distribuzione di materiale filonazista organizzata da Claudio Mutti, ex camerata di Franco Freda e incriminato per la strage di Piazza Fontana».

(Nicolò Scialfa, Lo sterminio degli ebrei e la voglia di dimenticare, Genova, Sovera, 2003)

Ora, per mostrare fino a che punto l’economia del discorso pubblico sia completamente mutata in un breve lasso di tempo, basti dire che quello che dieci anni fa si stampava su libri e giornali senza tema di smentite o di querele, oggi basta ripeterlo su facebook per beccarsi dei decreti penali – ossia condanne prima del processo – che non mirano affatto a stabilire la verità, ma solo a limitare a suon di multe la libertà di espressione e di critica politica.

È quel che è successo ad alcuni antifascisti del CUA e di Hobo e al direttore del sito Zero in condotta, che si sono visti recapitare cinque decreti penali con multe da 600 a 1000 euro per avere fatto presente chi è stato e cosa rappresenta Claudio Mutti.

Ed è quel che è successo, qualche giorno fa, a cinque antifascisti di Cesena che hanno ricevuto cinque decreti penali per avere espresso in modo colorito e icastico la propria ostilità allo squadrismo di CasaPound.

Non è accettabile che le sanzioni penali diventino uno strumento autoritario e tutto politico per condizionare la libertà di espressione e per criminalizzare la critica antifascista!

Solidarietà agli antifascisti sanzionati!

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Quelli di «Repubblica» stanno messi male

Sulle pagine nazionali di «Repubblica» del 20 maggio 2018, tal Paolo Griseri, ex giornalista del «Manifesto» noto soprattutto per un’entusiasta agiografia di Marchionne, ha scritto un’astiosa recensione del manualetto di difesa legale Stop al panico! autoprodotto dall’Associazione di Mutuo Soccorso per il diritto di espressione di Bologna. È una prosa pseudoironica che potrebbe vagamente ricordare il riso delle iene nella savana…

«Circola a Bologna (ma anche in val di Susa) un opuscolo dal titolo rassicurante: “Stop al panico”. Offre una risposta, diciamo così, alternativa, all’allarme sicurezza che tanto ha tenuto banco in campagna elettorale creando i presupposti per il nuovo governo Salvini-Di Maio. La sicurezza, in questo caso, è quella dei partecipanti agli assalti ai cantieri No Tav e, più in generale, a qualsiasi “movimento dal basso” che si trovi nella (quasi) inattesa situazione di dover fronteggiare cordoni di polizia, idranti, lacrimogeni. Tutti militanti pacifici, come si sa, che, leggendo l’opuscolo, potrebbero però prendere alcune precauzioni. Come quello di “lasciare lo smartphone acceso a casa” o “usare una app che nasconde i dati quando si scattano foto”. Naturalmente è più consigliabile rispondere “non ricordo” ai poliziotti che ti chiedono una password. Rifiutarsi di fornirla può trasformarsi infatti in un’aggravante. Non manca, sempre per superare il panico dei militanti “dal basso”, un appello “non solo per difendersi nel processo o dal processo ma anche per contrastare la repressione preventiva che si produce nel sistema mediatico contemporaneo”.»

E qui viene fuori la ragione di tutto l’acido. La lingua batte dove il dente duole.

È dalla manifestazione di Genova del 2001, dalla «macelleria messicana» della Scuola Diaz, che le forze dell’ordine hanno avuto mani libere e il privilegio di una totale impunità da parte del mondo della politica istituzionale, allarmata dalle grandi mobilitazioni popolari degli anni Novanta.

Così, da quasi un ventennio abbiamo vissuto in Italia una fascistizzazione crescente delle istituzioni repressive che continuano a provocare, fra l’altro, un numero rilevante di morti e feriti solo per estro sadico e omicida.

Già… Bolzaneto, la Scuola Diaz, Carlo Giuliani, Marcello Lonzi, Federico Aldrovandi, Riccardo Rasman, Aldo Bianzino, Giuseppe Turrisi, Stefano Brunetti, Niki Aprile Gatti, Manuel Eliantonio, Giuseppe Uva, Stefano Frapporti, Francesco Mastrogiovanni, Simone La Penna, Bledar Vukaj, Stefano Cucchi… E i morti sono solo la punta dell’iceberg di un modo di fare che resta sommerso e invisibile…

Ma queste storie non ce le racconta né Paolo Griseri né «Repubblica». Non c’è un giornalismo che metta a nudo le cose che non vanno e che sappia raccontare la verità di un mondo sempre più degradato, diseguale, violento. C’è solo un sistema mediatico repressivo, autoreferenziale e sempre avido di notiziole piccanti e ipotetiche per compiacere i benpensanti… Ma non vuole sentirselo dire. Non vuole sentire che è complice e compartecipe di uno sfascio civile contro cui si poteva e si può ancora lottare. Ora e sempre resistenza!

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[BO] La memoria in vendita

Ecco come si presenta oggi il Sacrario Partigiano di Piazza Nettuno. È così da mesi, cambiano solo le pubblicità. A Bologna tutto lo spazio pubblico è a portata… di portafoglio. Un’invasione di tavolini e tavolinetti ostruisce i portici e i marciapiedi del centro. Gente ben vestita, annoiata e piena di soldi spende per fare cose che prima del loro arrivo costavano dieci o quindici volte meno. Pile di cibarie scadenti finiscono in piatti improbabili camuffate da stylish slow food

Chissà se chi ha combattuto ed è morto per liberarci dal nazifascismo avrebbe apprezzato i brunch a 20€, la maionese di bacche bio, i Daspo e i TSO per i poveracci, il riciclaggio di denaro sporco e il degrado affaristico e securitario che cresce in tante aree di Bologna col contorno di spaccio mafioso di droghe pesanti e pericolose…

Il Sacrario nacque per iniziativa spontanea di tantissima gente che fin dal 21 aprile 1945 iniziò a lasciare fiori e foto ricordo sul muro di Palazzo d’Accursio dove per mesi erano state eseguite le fucilazioni sommarie di partigiani e antifascisti per mano delle autorità fascionaziste. Oggi il Sacrario raccoglie oltre 2000 ritratti dei caduti e dei fucilati della lotta partigiana. Uomini, donne, ragazzi anche giovanissimi.

«Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze», diceva Oscar Wilde.

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[Cesena] Cinque decreti penali contro l’antifascismo

Riceviamo e condividiamo il comunicato dell’Assemblea Antifascista di Cesena in merito ai decreti penali – cioè condanne prima di un processo – applicati a cinque antifascisti per avere espresso in modo vivace e icastico le proprie convinzioni. Non solo CasaPound ha dietro una pianificazione quasi aziendale, soldi e protezioni dall’alto che consentono al neofascismo di agire sul doppio livello della politica legale e della violenza squadrista. Spesso, ha anche il favore di Questure e Procure… Solidarietà e resistenza!

COMUNICATO

Come Assemblea Antifascista di Cesena vogliamo esprimere la nostra solidarietà alle cinque persone recentemente colpite da misure repressive in merito alla loro militanza antifascista in città.

Consideriamo quei cinque decreti penali, emessi in totale assenza di dibattito processuale e sulla sola base di una querela di parte (dei proprietari che hanno affittato la sede a CasaPound) gravi ed inaccettabili: veri e propri tentativi di zittire e destabilizzare una lotta collettiva e partecipata contro vecchie e nuove forme di fascismo, intimidendo con denunce, querele e campagne-stampa denigratorie chi vi partecipa o intendesse parteciparvi.

Che le cinque persone coinvolte siano o meno responsabili di quanto loro viene addebitato, non lo sappiamo. In questo momento, però, in cui a livello locale come nazionale rigurgiti razzisti e fascisti riprendono forza, reputiamo importante che la solidarietà sia espressa senza ambiguità, difendendo ed anzi rilanciando le pratiche dell’antifascismo militante.

Se oggi chi afferma che è vergognoso concedere spazi di agibilità ai gruppi neonazisti viene denunciato; se cioè dire la verità è considerato un crimine, allora diciamo in modo chiaro che tutte e tutti siamo ugualmente criminali: continuiamo, infatti, a pensare oggi, e continueremo a pensare domani che affittare e/o concedere luoghi fisici agli eredi del fascismo e del nazismo sia vergognoso, oltre a mettere in pericolo la tranquillità e l’incolumità degli abitanti di questo territorio.

Da quando è stato aperto il covo di via Alberini, infatti, provocazioni, minacce personali, propaganda tramite attacchinaggio di adesivi e scritte a carattere xenofobo, nonché esplicite intimidazioni a singoli antifascisti e residenti del quartiere, sono aumentati costantemente. Tutti questi atti sono una diretta conseguenza dell’apertura del summenzionato covo. Per questo chi, in vario modo, ha cercato di opporsi alla sua apertura è per noi nel giusto.

Per noi il fascismo non deve avere nessuno spazio!

Assemblea Antifascista di Cesena – Maggio 2018

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