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“Memoria condivisa” e razzismo

A Roma l’assessore alla cultura Umberto Croppi ha inaugurato una targa per intitolare lo slargo tra il Museo di Zoologia e l’Istituto per l’Africa e l’Oriente a Giuseppe Tucci: esploratore e orientalista, ma anche firmatario nel ’38 del “Manifesto sulla razza” e portavoce di Mussolini in Giappone.

A rivalutare gli antisemiti italiani in nome dei “meriti culturali”, ci aveva provato per primo Francesco Rutelli quando nel 1995 cercò di intitolare una strada a Giuseppe Bottai, uno dei firmatari delle leggi razziali del ’38: «Credo che questo – dichiarava Rutelli – sia un gesto importante, conciliatorio e di riconoscimento storico».

Oggi, alla fine del ciclo rieducativo della “memoria condivisa”, si vede bene quanto fossero esatti gli slogan del Partito in 1984 di Orwell: «La menzogna diventa verità e passa alla storia» e «Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato».

A suo tempo l’iniziativa di Rutelli trovò un’ampia, ferma opposizione: e fu ritirata. Ma dopo il 1998, dapprima le nuove leggi razziste Turco-Napolitano e Bossi-Fini, poi il razzismo di Stato, l’allarme sicurezza, la propaganda xenofoba hanno gradatamente ricondotto l’Italia sulla via del razzismo diffuso e abbassato la soglia di attenzione critica e di risposta civile.

Non fa meraviglia che la propaganda razzista e antisemita cresca anche on line con 1200 nuovi siti e con un bel +40% sul 2008. Nel corso dell’ultimo decennio, il razzismo istituzionale ha precorso, educato e promosso – direttamente o indirettamente – le sue versioni “sporche” e “fai da te”, e non solo purtroppo su feisbuk o altri social network.

Revisionismo e razzismo sono facce di uno stesso fenomeno. Lottare contro l’uno è lottare contro l’altro. Protestare per la chiusura dei CIE è riappropriarsi di una memoria partigiana consapevole che bisogna sempre scegliere fra asservimento e liberazione per tutte e tutti.

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