È ormai da tantissimi anni che l’ex onorevole Enzo Raisi si profonde nel negare la «matrice fascista» della strage del 2 agosto. Ogni fine luglio, Raisi telefona ai giornali, insulta, inventa, depista, diffama a vanvera, ma le sue scempiaggini sono sempre state regolarmente contraddette e smascherate.
Per anni ha agitato il tormentone di Carlos «lo sciacallo» e Thomas Kram, poi ci sono state le carte segrete dell’Archivio Mitrokhin – agente del KGB fino al 1985 – che adesso sono tutte disponibili presso il Cambridge Archives Centre, ma appunto per questo nessuno ne parla più, né si ricorda di quando Raisi teneva il sacco a tal Scaramella che si finse persino vittima di un avvelenamento da polonio russo…
Né ci si ricorda di quando Raisi rivendicava obliquamente la strage sostenendo che «la suocera non è una vera perdita», o cercava di diffamare una delle vittime in quanto militante di estrema sinistra.
Quest’anno l’impavido Raisi ci riprova con una ipotetica «pista libanese»: la sparizione dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo avvenuta a fine agosto del 1980 in Libano sarebbe da correlare, senza alcun elemento o indizio, alla strage di Bologna.
Per noi il dato rilevante è un altro. Non sono noti i mandanti di nessuna delle quattordici grandi stragi che hanno insanguinato l’Italia, ma sempre apparati e funzionari di Stato si sono distinti nell’organizzare depistaggi, nascondere indizi, proteggere i gruppi neofascisti che le avevano eseguite.
Anche la recente rimozione del segreto di Stato su otto grandi stragi è soltanto l’ennesima ipocrisia di un potere che mai processerà sé stesso, né dirà la verità.
E Raisi è un professionista del depistaggio mediatico, a cui non mancherebbero i titoli per presiedere un Club degli amici di tutti gli stragisti: i Ciavardini, i Breivik, i Casseri…