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[BO] C’è del marcio tra Questura e Procura, altroché

Di recente la Procura di Bologna ha dichiarato rispetto all’uso insolito del «divieto di dimora»: «Fascismo? Valutiamo fatti concreti».

Vediamo un po’ di fatti concreti. C’era una volta il circolo Fuoriluogo, chiuso con metodo fascista dall’autorità di polizia come covo di una pericolosa associazione a delinquere, salvo il fatto che si sapeva benissimo fin dal principio che era un luogo di dibattito e di idee…

Ma il fatto gravissimo della chiusura di una sede di dibattito politico non ha sollevato la minima perplessità né il minimo scrupolo «democratico» nel condurre una lunghissima persecuzione giudiziaria sulla base di nulla e che si è risolta in nulla.

Anzi, quella lunga persecuzione era un modo vile e indiretto per far pagare la militanza antirazzista e le mobilitazioni contro il centro di detenzione per migranti di via Mattei.

E non è un caso isolato, ma un metodo di lavoro.

È un altro fatto che la Procura di Bologna abbia «posto sotto sequestro», e cioè sgomberato, l’Aula C Antifascista di Scienze politiche, per venticinque anni un luogo aperto e plurale di confronto, di dibattito, di presa di coscienza di un mondo reale ben diverso dai racconti istituzionalizzati. E tutto questo in base alla martellante campagna di fandonie diffamatorie del «Resto del Carlino»…

Poi le cariche particolarmente violente contro studenti e attivisti che già nel 2013 portavano a chiedere da più parti lo smantellamento del VII Reparto mobile di Bologna.

Poi le intimidazioni, gli sfratti, gli sgomberi, i fogli di via, i divieti di dimora contro chi si batte per diritti, saperi, welfare

C’è del marcio tra Questura e Procura, altroché.

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