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«Ecco le persone da colpire»: la solita solfa ambigua e vittimista sulla controinformazione antifascista

Ormai la Politica italica è l’eterno ritorno del sempre uguale. Lo si nota non solo nei noiosissimi fatti macroscopici, ma anche nei dettagli minimi e più stravaganti.

Ad esempio, le recensioni allarmate sul «Resto del Carlino» e sul «Giornale» – che addirittura s’inventa la frase, tra virgolette, «Ecco le persone da colpire» – di un opuscolo informativo di Emila Antifa intitolato «Monitoraggio sui fascismi nei territori di Modena, Carpi, Reggio Emilia e Bologna».

Sono tante le assemblee e le reti antifasciste in Europa (vedi ad esempio qui, qui, qui e qui) che ritengono necessaria, per fini di tutela collettiva, la massima informazione sulle attività e sui luoghi di aggregazione di chi si richiama ai valori dell’estrema destra neofascista e neonazista, in virtù dalla preoccupazione derivata dal dilagare di episodi di violenza e squadrismo riconducibili a tale area, ampiamente documentati per l’Italia sul sito nazionale antifa.ecn.org.

Sono molte le mappature esistenti sul web e nel lontano 2008 anche l’Assemblea Antifascista Permanente ne aveva prodotta una simile destando le ire… del «Resto del Carlino», del «Giornale» e la solita vana indagine della Questura…

Allora, nel 2008, il capo di CasaPound – a quel tempo inquisito per «associazione a delinquere finalizzata alle lesioni personali, al porto abusivo di armi improprie, alla violenza privata e alla discriminazione per motivazioni razziali» – si faceva intervistare con il consueto vittimismo d’occasione che i neofascisti sfoderano quando sono sotto i pubblici riflettori:

«È chiaro che qualcuno in questa città vuole istigare alla violenza, ci chiediamo se si vuole aspettare che certi personaggi comincino a dare fuoco a sedi e ripetere la prassi del rogo di Primavalle (…) A cosa può servire una mappatura, per altro correlata di invenzioni degne di un romanzo, se non a identificare e quindi a promuovere azioni contro tali persone e luoghi?»

Ora, dieci anni dopo, anche Galeazzo Bignami – ex capo degli squadristi del FUAN, fotografato in divisa da SS con tanto di svastica, inquisito per le «spese pazze» in regione e noto per la sua ricca collezione di scontrini… – ripete lo stesso tentativo vittimista di criminalizzare la libertà di informazione dichiarando al «Giornale»:

«È un indice minaccioso. Queste persone non fanno una lista con nomi e indirizzi a scopo informativo. Ti puntano il mirino addosso, è un elenco di obiettivi che poi qualche esagitato usa per colpirci fisicamente».

E si vanta di aver subito ben 18 aggressioni…

Quali?

Forse quella di quando è stato scambiato per pedofilo perché fotografava senza permesso i bimbi all’interno di un campo nomadi?

Oppure quella di quando ha insultato un bolognese quarantenne psichicamente instabile che ha reagito tirandogli un pugno e a cui è stata prontamente inflitta la tortura del TSO per compiacere il povero Galeazzo?

Già, l’intemperante e aggressivo Galeazzo è uno specialista per passare da martire.

Ma è un dato di fatto che nell’ultimo decennio la massima parte, o meglio la quasi totalità, delle aggressioni premeditate, degli agguati, degli accoltellamenti e omicidi politici sono stati compiuti dai suoi amici camerati e sono stati sempre descritti sui media come «risse tra balordi» o «gesti di folli»: da Dax a Nicola Tommasoli fino alla «folle» strage di Firenze, alla «folle» tentata strage di Macerata, all’omicidio razzista di Idy Diene…

Già, i fascisti non usano l’indice minaccioso di una mappatura informativa, ma direttamente coltelli e armi da fuoco. E Galeazzo & C. su questo non hanno mai avuto nulla da eccepire. E dà fastidio quando c’è chi sottolinea la perenne, ambigua sinergia fra moderati e camerati, fra benpensanti elegantemente vestiti e squadristi di strada…

Eia eia alla larga!

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