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A Tito Grazia, compagno partigiano

È morto il compagno partigiano Tito Grazia. Domani presso il Centro Anziani della Lunetta Gamberini vi sarà la camera ardente dalle 13.30 alle 15.30. Riceviamo e condividiamo un ricordo del Coordinamento Antifascista Murri.

A Tito Grazia

Tra di noi c’è chi da giovane ha mosso con te i primi passi nella politica alla sezione Grieco del PCI di via delle Fragole e chi ha avuto il piacere di incontrarti soltanto in tempi più recenti, per tutti sei stato riferimento e testimonianza militante. Mai dogmatico, al contrario, ironico, intelligente, non rifuggivi il confronto, sempre informato e curioso. La tua scelta di aderire alla Resistenza è stata una scelta di campo: partigiano fino all’ultimo, coerente, dalla parte del popolo, del lavoro, degli ultimi. Anche come consigliere del quartiere ti sei sempre speso perché le istanze popolari fossero rappresentate.

Osservavi questo mondo cambiare e non nella direzione per la quale tu avevi lottato, ma il tuo orizzonte è rimasto quello: hai continuato a far politica alla tua maniera, dal basso, come credevi fosse giusto, militando nell’ANPI e impegnandoti come presidente del Centro Anziani della Lunetta Gamberini.

Quando i fascisti di CasaPound hanno aperto una sede in zona, non hai esitato a metterci a disposizione una sala del centro per dar vita al Coordinamento Antifascista Murri, «perché» – dicevi in dialetto bolognese – «i fascisti sono sempre fascisti»! Ricordiamo tutti l’emozione con cui hai accolto la grande manifestazione antifascista che avevamo organizzato nel novembre 2012 e che abbiamo voluto concludere proprio alla «tua» Lunetta Gamberini: ci avevi salutato con grande affetto, esortandoci a non mollare mai, a presidiare sempre perché l’antifascismo è un doveroso impegno civile.

Raccogliamo il tuo testimone.

Ciao compagno Tito.

Coordinamento Antifascista Murri

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Rossobruni e trotskisti contro la rivoluzione curda del Confederalismo democratico

Oggi come ieri, inquinare fino all’ultimo pozzo della prospettiva rivoluzionaria è un compito perseguito da una pluralità di varianti ideologiche rossobrune, autoritarie, neonazionaliste o nazionalproletarie, proiettate più o meno consapevolmente nell’apologia del Potere e pronte all’uso se mai dovessero nuovamente tornare utili ai ceti dominanti.

Ma è più che evidente che non ci si potrà liberare dalla gerarchizzazione sociale e dal neocolonialismo finanziario senza sviluppare concreti percorsi di autorganizzazione e di trasformazione radicale della società. Che non si potrà sconfiggere il fascismo crescente in Europa e nel mondo senza costruire forme di autogoverno, di autonomia e solidarietà aperta e plurale.

Riceviamo e volentieri condividiamo un intervento sulle critiche “da sinistra” alla rivoluzione curda del Confederalismo democratico.

MA CHI SPARA, ANCHE SOLO METAFORICAMENTE, SUI CURDI…
LO SA COSA STA FACENDO?

di Gianni Sartori

Sinceramente. Mi ero ripromesso di non partecipare, possibilmente nemmeno assistere, alle polemiche anti-curde seminate in rete da certi soidisant anti-imperialisti. Talvolta di destra, sia dichiarata che mascherata (rosso-bruni), ma altre volte anche, mon dieu, di sinistra… Di sinistra? Ma sì, diciamolo pure, talvolta anche di sinistra (del resto… abbiamo visto anche di peggio, a sinistra, vera o presunta). Continued…

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Ciao, Maurizio

Ci ha lasciato Maurizio, compagno e fratello di tanti che lottano per un’esistenza più libera. Era tra i compagni che furono al nostro fianco nei primi tempi dell’Assemblea Antifascista Permanente. Lo ricordiamo come un antifascista, un proletario e un ribelle che non ha mai smesso di lottare contro l’ingiustizia, lo sfruttamento e la sopraffazione. Continuiamo ad abbracciarlo con il nostro calore. Chi ha compagni vive nelle lotte del presente!

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Michele Serra, mentecatto senza saperlo

Nella sua pessima rubrica «L’amaca», Michele Serra ha paragonato il calciatore che a Marzabotto, dopo un gol, ha fatto il saluto romano esibendo il simbolo della R.S.I. ad «un titino che vada in Dalmazia a rivendicare le foibe». E ha scritto che bisognerebbe tenere quel calciatore «seduto su una sedia» e «costringerlo a sapere che cosa è accaduto»…

Ora, che lo si voglia o no, i partigiani jugoslavi hanno fatto parte della Resistenza europea e italiana dando un contributo decisivo, fin dal 1941, alla sconfitta del nazifascismo. E mettere insieme una strage sistematica di civili come quella nazifascista di Marzabotto con un fenomeno frastagliato e non unitario come quello delle foibe rappresenta una odiosa falsificazione dei fatti in nome di quello spirito bipartisan, un colpo al cerchio e uno alla botte, che ha prodotto nell’ultimo Ventennio uno sfascio civile senza ritorno.

Il problema storiografico delle foibe è ben riassunto dallo storico Angelo d’Orsi:

«È un clamoroso falso storico parlare di migliaia o decine di migliaia di infoibati. Si trattò invece di qualche centinaio di persone. No. Va bene. “Non facciamo la conta dei morti”: sento già qualcuno che me lo urla. Non facciamola. Ma la differenza tra qualche centinaia e le decine di migliaia non è di poco conto. Ma al di là di questo il falso non concerne solo e tanto le cifre, quanto la sostanza. Chi furono gli infoibati? Ossia coloro che vennero gettati nelle foibe? Furono spesso i caduti in guerra, di ambo le parti: una sepoltura sbrigativa, certo, ma in tempi di guerra si può sottilizzare? Furono talora, invece, i condannati a morte in regolari processi: fucilati e poi gettati in quelle naturali cavità del terreno. Furono anche, in rari casi, persone vittime di agguati, catturate, e gettate, dopo essere state uccise, o, raramente, vive. Ma accadde agli uni e agli altri. E presentare la vicenda delle foibe come un’azione sistematica, di inaudita ferocia, messa in atto dai comunisti (jugoslavi, ma con la complicità degli italiani) ai danni degli italiani (non comunisti), significa falsificare o addirittura rovesciare la verità storica».

Parlare solamente delle foibe senza parlare anche dell’occupazione fascista della Jugoslavia è una forma di razzismo. È come dire che se i morti sono italiani – fossero anche assassini e criminali di guerra – vanno celebrati, e se invece i morti sono slavi non occorre ricordare.

Tra il 1941 e il 1945 l’occupazione nazifascista della Jugoslavia produsse la distruzione di decine di migliaia di abitazioni, la morte di circa 45.000 civili sloveni e croati e l’arresto e l’internamento di altri 95.000. Il regime fascista costruì in Jugoslavia 15 campi di concentramento e 14.000 prigionieri persero la vita nei lager italiani in Slovenia. Quella fascista fu una delle prime e più feroci pulizie etniche dell’età moderna secondo una politica di colonizzazione che prevedeva il massacro delle popolazioni locali e l’esproprio di terre e proprietà a favore della superiore «razza italiana».

Adesso è uscito fra l’altro un libro sulle terribili atrocità del Fascismo contro i popoli jugoslavi: Giacomo Scotti, I massacri di luglio. La storia censurata dei crimini fascisti in Jugoslavia. Introduzione di Giuseppe Ranieri, Red Star Press, Roma, 2017. Una recensione si può leggere su Carmilla.

Bisognerebbe prendere Michele Serra, legarlo a una sedia e costringerlo a studiare un po’ di storia. Non è possibile non sapere, non rendersi conto del significato di quello che si dice. Fa del razzismo, e non lo sa. Fa del revisionismo, e non lo sa. Almeno saperlo, se si è dei mentecatti, che si è mentecatti. Anche su una comoda amaca, dove ogni cosa sembra uguale a tutto il resto.

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[Savignano sul Rubicone] Resoconto della Street Parade antifascista e antirazzista

Riceviamo e volentieri condividiamo un resoconto della Street Parade antifascista e antirazzista di Savignano.

Domenica 12 novembre.

Un commento a botta calda della Street Parade di Savignano potrebbe essere che è andata esattamente come ci aspettavamo. Per alcuni tratti pure meglio!

L’idea era un corteo comunicativo e rumoroso, visibile, udibile, in sintonia con la gente del paese nel quale si sta portando avanti un percorso a dir poco “sociale”, e ci pare che sia stato esattamente questo.

Ci si aspettava la militarizzazione (beh, forse non così totale: gli sbirri, di tutti i tipi, in divisa o casual, hanno bloccato l’intero paese), ci si aspettava gente (eravamo più di un centinaio) e che le guardie avrebbero proibito al corteo di passare davanti alla sede dei fascisti.

Ma l’obiettivo del corteo era passare per le strade, scuoterle, dare messaggi, farsi vedere, dare l’idea che qualcosa e qualcuna/o si muove, e lo fa per degli ideali, non per fini utilitaristici o per guadagno elettorale.

Il dato più bello è sicuramente che molte persone di Savignano (nate in Italia o visibilmente di altre “nazionalità”) si sono aggiunte alla parata strada facendo: cosa nient’affatto scontata in questi tempi in cui, al massimo, di fronte alla realtà che ci scorre davanti si estrae un telefonino e si filma.

Il percorso è stato scandito da tanti interventi, tanta bella musica, cori (pochi) e da un fitto volantinaggio, fino al concerto finale di due amici rapper forlivesi nella piazzetta Giovanni XXIII, teatro dall’inizio di questo percorso antifascista e antirazzista, delle assemblee autorganizzate.

La prossima di queste assemblee si terrà il 20 novembre, alle 21:00, sempre in piazza Giovanni XXIII (o meglio ci si trova lì poi ci si sposta in un bar perché l’inverno è giunto!) per proseguire la strada intrapresa!

LE SEDI DEI FASCISTI DEVONO ESSERE CHIUSE!
IL FASCISMO CULTURALE IMPERANTE DEVE ESSERE CONTRASTATO E SCONFITTO!
LIBERE/I TUTTE/I!

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[BO] mer 15 nov: iniziative antifasciste a Vag61 e Xm24

Oggi vi è una maggior consapevolezza del pericolo fascista che si allunga sempre più sull’Europa.

Ed è sintomatico che il 15 novembre vi siano a Bologna ben due iniziative di riflessione e organizzazione intorno alla crescente aggressività di neofascisti e neonazisti.

Al VAG61 il 15 novembre alle ore 18.30 si terrà un incontro della Rete Stop integralisti e neofascisti.

A XM24 il 15 novembre alle ore 19 vi sarà una cena benefit con la proiezione del documentario «The Antifascists» e incontro con i registi.

Non si tratta di ritagliare all’antifascismo un posto specifico fra i temi sociali del presente finendo per difendere un moderatismo democratico senza prospettive, ma di pensare, sognare e vivere collettivamente una trasformazione radicale dell’esistente che contrasti lo sfruttamento, il razzismo, il sessismo, l’omofobia e ogni ingiustizia sociale. Noi lo chiamiamo antifascismo.

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Oltraggio, mimetismo e normalizzazione

Nell’autunno del 1944 le campagne attorno a Marzabotto furono teatro di una delle più efferate stragi nazifasciste con circa un migliaio di morti, in gran parte donne, anziani, bambini e persino neonati. Nelle esecuzioni, sparavano basso per colpire i bambini.

Ora, nello stadio di Marzabotto, un calciatore dilettante del «65 FUTA», autore di un gol contro la squadra locale, dopo aver segnato si è tolto la maglietta scoprendo una t-shirt con lo stemma della Repubblica Sociale Italiana e ha levato il braccio in un saluto romano.

Ormai, pur di svolgere la loro propaganda d’odio, i neofascisti non si fermano davanti a nulla. A Budrio un raduno nazirock viene mascherato da serata di beneficenza in favore dei bambini dell’Oncologia pediatrica del Sant’Orsola…

A Savignano, l’11 novembre scorso i neonazisti di «Identità e Tradizione», nel cui simbolo compare una svastica a tre uncini, sono scesi in campo con una «iniziativa ricreativa e sociale con il Mago Paciugo» per «intrattenere i bambini con giochi di prestigio»…

È evidente che l’estrema destra neofascista e/o neonazista cerca di allargare il proprio uditorio usando qualsiasi pretesto per mascherare e rendere accettabile la propria ignobile propaganda d’odio. Del resto, i centri di potere, le istituzioni e i media borghesi cercano spesso e volentieri di spoliticizzare e normalizzare il neofascismo, forse solo per quieto vivere, o forse credendo di potersene eventualmente servire, al bisogno. Non vi può essere antifascismo senza anticapitalismo.

Restano allora attuali le parole che Luigi Fabbri scriveva, proprio a Bologna, nel 1921:

«Però ingaggiare la lotta materiale contro il fascismo, come organismo a sé, non vedendo altro nemico che lui, sarebbe un pessimo affare; sarebbe come tagliare i rami d’una pianta venefica, lasciandone intatto il tronco, come sciogliersi da qualche tentacolo della piovra senza colpirne la testa. Si potrà infliggere così al fascismo qualche sconfitta parziale, si potran seminare tra i fascisti dei lutti; ma ciò non servirà che ad inasprire inutilmente la lotta, e può servire a rafforzare il fascismo, contribuire a farlo diventare un organismo sempre più robusto.

La lotta contro il fascismo non può essere fatta in modo efficace che colpendolo attraverso le istituzioni politiche ed economiche, da cui emana e da cui trae alimento. I rivoluzionari, del resto, che mirano all’abbattimento del Capitalismo e dello Stato, se si lasciassero tirare fuori strada dal fascismo, come un fulmine che si lascia attirare dal parafulmine, e dedicassero le loro forze e si esaurissero nel combattere il solo fascismo, renderebbero un servigio alle istituzioni che pur vorrebbero demolire. Lo Stato capitalistico col babau del fascismo riuscirebbe non solo a difendersi, a viver più tranquillo, ma anche a convincere una parte del proletariato a collaborare con lui, a schierarsi dalla sua parte».

Potranno spargere ovunque menzogne, discriminazione, violenza e paura, ma non ce la faranno. Ora e sempre resistenza!

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[BO] Ecco l’ossessione antifascista!…

Alla fine l’Azzeccagarbugli nero, solitamente impavido fino al ridicolo, questa volta si è fatto ossessionare dall’ironia antifascista e ha annullato l’evento

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Kronstadt, memoria del futuro

Nelle tante pubblicazioni, nei convegni e nelle iniziative tanto mainstream quanto “antagoniste” che si stanno tenendo in occasione dei cento anni della Rivoluzione russa, o meglio bolscevica, c’è un grande assente: l’anarchismo. Non vi è cioè alcun riferimento al fatto che, all’interno del movimento operaio, l’anarchismo abbia sviluppato assai per tempo una critica pratica e teorica ai risvolti oppressivi della Rivoluzione russa, sapendo prevedere in anticipo l’esito autoritario di una rivoluzione che intendeva farsi Stato. Del resto, gli anniversari e i musei sono invenzioni del potere borghese. L’unico modo per celebrare una rivoluzione è farne un’altra. Ripubblichiamo al riguardo due vecchi articoli di Gianni Sartori e una sua considerazione sul centenario appena trascorso.

1871: LA COMUNE – 1921: KRONSTADT – 2021: … ?
di Gianni Sartori

Il centenario della Rivoluzione d’ottobre è stato sicuramente celebrato sotto tono, meno di quanto meritasse.

A mio avviso fu un evento quasi unico, fondamentale per la Storia umana, in particolare per gli oppressi e sfruttati. Indipendentemente dagli sviluppi successivi, in parte deludenti. Continued…

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[BO] Contro il festival di Forza Nuova a Mezzolara di Budrio!

Dopo le intimidazioni e i vandalismi neofascisti a San Pietro in Casale (1, 2, 3…), l’estrema destra ora vorrebbe allestire un presunto spettacolo di beneficenza al palazzetto comunale di Mezzolara di Budrio, organizzato il prossimo 25 novembre dalle associazioni di destra Evita Peron e Aurora Italiana, sigle affiliate a Forza Nuova.

Si chiama «Festa d’autunno», ma pare si tratti di un festival di gruppi musicali neofascisti e saluti romani. Vedi Zic.

Ormai è una tecnica collaudata. Ci sono le cooperative sociali di CasaPound, le onlus di Lealtà e Azione, i banchetti di solidarietà «solo per italiani» organizzati da suprematisti, leghisti, nazionalsocialisti e altri fratelli d’Italia. Ci sono persino le raccolte di giocattoli «solo per bambini italiani»…

È che neonazisti e neofascisti hanno capito che la cultura cattolicheggiante e nazionalpopolare è oggi lo strumento più idoneo per spargere razzismo nella società e magari costruirci sopra qualche mediocrissima carriera di politici locali.

E hanno del resto gioco facile se un ex carabiniere di estrema destra diventato sacerdote cattolico come don Lorenzo Guidotti della parrocchia di San Domenico Savio può fare aperta professione di razzismo e sessismo senza destare troppo scandalo…

Che dire? Forse…

«Andate via, maledetti, nel fuoco eterno! Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui straniero e non m’accoglieste» (Matteo 25).

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