Una parte di questa città si stringe grata e solidale a quegli studenti universitari che oggi lottano contro la crescente stretta autoritaria promossa dai vertici delle istituzioni bolognesi.
Che cosa vi sia dietro ai «tornelli» nella Biblioteca universitaria di Discipline umanistiche lo ha mostrato bene la celere in assetto antisommossa a manganellare fra i tavoli da studio e gli scaffali dei libri di consultazione.
E non è nemmeno la prima volta che succede perché la stessa cosa era accaduta nella sala studio di Scienze Politiche nel marzo scorso.
Sono due fra i tanti episodi che mostrano la progressiva militarizzazione di una città sempre più triste, chiusa e aggressiva.
Non sorprende che il procuratore Giuseppe Amato, noto persecutore di antagonisti in odore di neofascismo, difenda ora l’operato della polizia considerandolo «corretto» e «pienamente condivisibile».
Ma è evidente a tutti che non vi sono «discipline umanistiche» che possano essere studiate fra tornelli e manganelli!
Non è certo difficile capire che lo squadrismo poliziesco è il contrario e la negazione di quel che si fa in una biblioteca o in un luogo d’insegnamento!
Così adesso il procuratore Giuseppe Amato cerca di mettere in campo i suoi collaudati schemi persecutori ipotizzando addirittura una «associazione a delinquere».
Non la speculazione, non lo sfruttamento, non il razzismo, non la corruzione, non la ’ndrangheta, non l’odio sessista, non il neofascismo, non il narcotraffico…
Già l’11 luglio 2015 il capo uscente della Procura denunciava il fatto che a Bologna politica e magistratura vivono all’ombra di un «sistema corruttivo» coperto da omertà e affari per cui Bologna e l’Emilia-Romagna sono diventate «terra di ’ndrangheta».
Ma su queste cose il procuratore Giuseppe Amato non ha nulla da eccepire…
Noi siamo al fianco della Bologna che contesta e che resiste! Contro la Bologna clientelare e corrotta della repressione e dell’austerità! Sara e Orlando liberi!
Nodo sociale antifascista