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[Bruxelles] L’ultradestra prende casa (e soldi)

A pochi passi dall’Europarlamento apre la sede del partito nazionalista europeo «Alliance for Peace end Freedom», capeggiato da Roberto Fiore di Forza Nuova. Gli antifa belgi: «Rifiutiamo che i fascisti abbiano uno spazio nella nostra città». Leggi tutto su Zic.

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Luigi Fabbri in svendita

Nel 1922, dinanzi allo squadrismo fascista e alla violenza legale dello Stato, l’anarchico Luigi Fabbri scriveva parole chiare e coraggiose:

«Uccidere il fascismo è possibile, sol che l’azione di difesa contro di lui, imposta dalle circostanze, non vada scompagnata dall’attacco alle sue sorgenti: il privilegio del potere ed il privilegio della ricchezza. Ma ucciderlo è necessario, e bisogna che a ciò riesca direttamente e con le sue forze il proletariato, perché se il fascismo fosse semplicemente addormentato o riassorbito dalle istituzioni attuali, esso potrebbe sempre o almeno più facilmente riprodursi. La borghesia ha imparato il modo di servirsi di quest’arma; e se il proletariato non gliene toglie la voglia, dimostrandole coi fatti che sa spezzargliela nelle mani, essa anche se per ora la deponesse, tornerà ad impugnarla alla prima occasione».

Nonostante ciò, da anni c’è chi cerca di far passare Fabbri come l’oppositore dell’anarchismo militante in nome di un «umanismo» e di un «buonismo» da borghese in pantofole.

Così accade anche in una pubblicazione recente curata da Massimo Ortalli (La biblioteca perduta di Luigi Fabbri, Bologna, Bononia University Press, 2015) da cui viene fuori un ritratto oleografico e stucchevole di un Fabbri «bibliofilo», «raffinato intellettuale» (p. 16) e amabile paladino di una «interpretazione profondamente umanitaria dell’anarchismo sociale» (p. 11). E risulta facile allora ad Ortalli contrapporre idealmente la figura «umanitaria» di Fabbri ai feroci «mitra dei partigiani comunisti della 7a Gap» (p. 11).

A noi pare indegno e inaccettabile che si strumentalizzi Fabbri per esprimere un giudizio negativo riguardo all’esecuzione per mano partigiana di un gerarca e assassino come Leandro Arpinati, vicesegretario generale del Partito Nazionale Fascista e membro del Gran Consiglio del Fascismo, fucilato il 22 aprile 1945. E non apprezziamo nemmeno il pathos revisionista e fallace con cui si descrive la «tragica sorte» di Torquato Nanni. Scrive Ortalli a p. 11:

«Qui [Torquato Nanni] trova la morte il 22 aprile 1945, subito dopo la Liberazione. Ancora una volta sarà la generosità a segnarne l’esistenza, allorché cercherà di impedire l’uccisione dell’amico [Leandro Arpinati] frapponendosi istintivamente fra lui e i mitra dei partigiani comunisti della 7a Gap, venuti a uccidere l’ex gerarca. E così quest’uomo, dal limpido passato antifascista, che aveva preziosamente collaborato, a rischio della vita, con le forze di Liberazione, troverà la morte proprio per mano di quelli che verso di lui dovevano avere solo un moto di riconoscenza».

Lasciamo perdere che la necessità di far fuori i tiranni è teorizzata dai pensatori dell’antichità, da sant’Agostino, da san Tommaso e insomma da molto prima che esistessero i disumani partigiani comunisti. E Arpinati era stato un assassino e un tiranno…

Vediamo piuttosto quale consistenza abbia il «limpido passato antifascista» di Torquato Nanni.

Il socialista Torquato Nanni è personaggio chiave nella vita di Arpinati. Di quattro anni più vecchio, amico di Mussolini che nel 1913 lo aveva chiamato a Milano a collaborare a «L’Avanti», dopo la prima guerra mondiale aderisce temporaneamente al Partito Fascista, ma allo stesso tempo rimane sentimentalmente fedele al Partito socialista, in cui rientra nel 1922. Eletto sindaco di Santa Sofia, i fascisti lo osteggiano accusandolo di malversazioni, viene malmenato dagli squadristi, il suo studio devastato, lo sequestrano minacciandolo di morte. Così, negli ultimi mesi del 1922 Torquato Nanni si mette sotto la protezione di Arpinati e gli rimarrà legato per tutta la vita.

Proviamo a sfogliare ad esempio il volume: Torquato Nanni, Leandro Arpinati e il Fascismo bolognese, Bologna, Edizioni «Autarchia», 1927 [ma 1926].

Così scriveva ad esempio nel 1926 Torquato Nanni:

«Leandro Arpinati è un uomo politico d’eccezione […] un bell’esempio di quell’uomo politico nuovo, che Egli [Mussolini] vagheggia e che è indispensabile nella ricostruzione nazionale» (p. 7)

«il suo squadrismo, anche il più violento aveva un intimo contenuto idealistico e umano» (p. 10)

«Il Fascismo non si spiega senza Mussolini […]. Il Fascismo, in Lui e con Lui, non ha voluto essere, non è stato e non è negazione; ma superamento delle posizioni socialiste» (p. 97)

«la violenza di queste prime squadre non è soltanto chirurgica, tempestiva, cavalleresca; è qualcosa di più. Essa è spirito che si stacca da un organismo in dissoluzione: è una linfa di vita. Io paragono lo squadrismo a una corrente fluviale che ha sorgive limpidissime» (p. 104)

E non è certo un fatto ignoto che nel 1926 Nanni fosse passato risolutamente tra le file del Fascismo. Lo si legge ad esempio in uno studio del 1978:

«Il libro [Leandro Arpinati e il fascismo bolognese], chiaramente rappresenta, a nostro avviso, una dimostrazione di quel mutamento dell’atteggiamento del Nanni, nei confronti del fascismo, che, da una posizione di realismo critico, passa ad un sostegno aperto alle iniziative del regime e ben si rivela nelle pagine in cui dimostra un appoggio incondizionato all’azione dell’Arpinati e del fascismo».

(Giuseppina e Ughetta Cavallucci e Oscar Bandini, Torquato Nanni: un socialista nella crisi del primo dopoguerra, in «Storia contemporanea», a. IX, 1978, n. 2, pp. 241-290).

Ecco insomma che quel «limpido passato antifascista» risulta un bel po’ offuscato… Ma ad offuscarsi è anche l’improbabile «amicizia», nel 1926, fra Luigi Fabbri che per coerenza si era rifiutato di giurare fedeltà al regime fascista perdendo così il posto di maestro elementare… e il socialista Torquato Nanni che idolatrava la violenza squadrista per il suo «intimo contenuto idealistico e umano»…

Già, perché tutta la ricostruzione – piuttosto ambigua e reticente – dell’improvviso, miracoloso ritrovamento della «biblioteca perduta» di Luigi Fabbri si regge solo su questa presunta «amicizia» e «generosità» di Torquato Nanni verso Fabbri che Ortalli non cessa di portare alle stelle.

Quel che si sa è che, proprio nel 1926, Fabbri offrì come pegno la propria biblioteca a Torquato Nanni in cambio dei soldi che gli erano necessari per espatriare in Svizzera e poi a Parigi, con il patto che l’avrebbe potuta riavere indietro una volta ripagato il debito.

Poi nel 1935 Fabbri morì. E quando, dopo la guerra, la figlia Luce volle recuperarla saldando il debito, il figlio Torquato Nanni jr. le fece credere che era andata completamente distrutta sotto i bombardamenti e che si era salvata solo una parte dell’emeroteca oggi conservata presso la Biblioteca dell’Archiginnasio.

Nel frattempo, ogni tanto qualche libro appartenuto a Fabbri ricompariva sul mercato librario. E adesso si scopre che i libri erano sempre rimasti in casa Nanni…

E non si capisce a quale titolo la biblioteca superstite di Fabbri – che certo non apparteneva a Torquato Nanni jr. e che è testimonianza e patrimonio di un ampio movimento rivoluzionario – possa essere finita nelle mani della Cassa di Risparmio di Imola. Con un ultimo insulto, uno che aveva lottato tutta la vita contro il «privilegio della ricchezza» finisce di proprietà di una banca…

E ciò in nome del fatto che tutti sarebbero «raffinati bibliofili»: «bibliofilo» Fabbri, «bibliofilo» Torquato Nanni come scrive Ortalli, anch’egli «bibliofilo» e «collezionista» che ha dovuto resistere alla tentazione di comprarsi gli ultimi libri di Fabbri facendo «un’eventuale offerta di acquisto di ciò che poteva interessarmi in quanto mancante alla mia cospicua raccolta personale» (p. 15)…

Ma la storia, la verità e la memoria sono altra cosa dalla bibliofilia.

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[BO] Comparsata di Forza Nuova in Piazza Santo Stefano

A quanto pare i neonazisti bolognesi sono tornati dalle vacanze. Sabato 1 ottobre, al mattino presto, una decina di militanti di Forza Nuova ha fatto una breve comparsata in Piazza Santo Stefano fra lo sconcerto e lo sdegno dei passanti.

Hanno sventolato una bandiera, hanno scandito qualche minaccia razzista e idiota come «Casa, diritto al lavoro / non ce l’abbiamo noi, non ce l’avranno loro»… e poi se ne sono andati rapidamente prima che arrivasse qualcun* a insegnar loro la buona creanza.

Non vi è dubbio che la «destra sociale» ami farsi vedere nel salotto buono della ricca borghesia cittadina come è Piazza Santo Stefano (1, 2, 3) e la Questura di Bologna li accontenta sempre…

Asinus asinum fricat.

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[BO] Spettri in Piazza Verdi

Uno spettro si aggira per Bologna…

Nel corso degli anni Piazza Verdi è rimasta, volenti o nolenti, un luogo simbolo della rivolta alla normalizzazione autoritaria e alla socialdemocrazia repressiva. È il luogo in cui, quarant’anni fa, un partito uscito dalla tradizione rivoluzionaria del movimento operaio ha represso con violenza la grande contestazione di massa degli anni Settanta e le speranze di un mondo più libero e più giusto.

E adesso basta un po’ di musica in quelle strade per ridestare i timori e le ansie repressive dei benpensanti d’ogni colore.

C’è il PD che invoca al solito «stangate» e «telecamere»…

C’è Galeazzo «Svastica» Bignami – che ha ereditato il posto dal padre neofascista e si è dato alle «spese pazze» con 35.000 euro di soldi pubblici… – che dichiara sul «Resto del Carlino» del 28 settembre: «Bisogna usare gli idranti e i fogli di via».

Poi ecco Egeria Di Nallo – docente a Scienze Politiche e madre della prof. Francesca Rescigno, che insegna anch’essa, guarda caso, a Scienze Politiche!… – che scrive sempre sul «Resto del Carlino» del 28 settembre: «Gli schiamazzi, i disordini non possono avere giustificazione né politica, né ideologica, né umana».

Invece la corruzione, il familismo e i plagi accademici di un’Università sempre più oziosa, incompetente e affarista hanno sicuramente tante giustificazioni politiche e ideologiche e umane. Infatti un mondo che non offre alcun futuro decente se non ai figli di papà è per politici, baroni, mafiosi e industriali il migliore dei mondi possibili…

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[Finlandia] Antifascista assassinato durante una marcia neonazista

Il 10 settembre durante una marcia contro i rifugiati del gruppo nazista Suomen Vastarintaliike (SVL) un giovane antifascista, Jimi Joonas Karttunen, è stato violentemente aggredito da un gruppo di manifestanti.

I neonazisti hanno poi pubblicato sul loro sito (ora chiuso) un testo in cui rivendicavano l’accaduto come un «atto di disciplina» contro chi era venuto a contestare la loro presenza allegando alcune foto e video dell’aggressione in cui si vede Jimi a terra sanguinante.

Portato all’ospedale in stato di incoscienza Jimi è morto venerdì scorso per l’emorragia causata dal pestaggio. Più dettagli su Infoaut e Radio onda d’urto.

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Quell’amorevole squadrista del PD

Qualche mese fa Forza Nuova ha inviato una tessera ad honorem a un esponente del PD che si candidava come sindaco di Genova, Simone Regazzoni, per le sue dure prese di posizioni su immigrazione, sicurezza e degrado.

A Firenze il sindaco del PD Dario Nardella ha ricevuto ora una denuncia per «apologia del Fascismo» visto che difende e garantisce la propaganda di Forza Nuova e CasaPound. Del resto, qualche settimana fa il sindaco Nardella non aveva invitato nessun partigiano a parlare dal palco nel giorno della Liberazione della città.

A Bologna la presidente di quartiere Rosa Amorevole e tutto il PD invocano «stangate» contro una serata musicale pianificando… «decise azioni di prevenzione e repressione concordate con tutte le forze dell’ordine al Tavolo per la Sicurezza». È la solita solfa tanto per nascondere che Bologna e l’Emilia-Romagna sono diventate un’ampia area di riciclaggio del denaro sporco e di spaccio mafioso di droghe nocive e pericolose…

Intanto è passato anche il «Fertility Day», un’iniziativa fascista, razzista e sessista del PD contestata anche a Bologna

Al riguardo riceviamo e condividiamo un volantino prodotto dal Laboratorio Antifascista di Pescara:

Sfertility

(S)FERTILITY DAY ovvero… l’alba dei morti viventi!

 

IL 22 SETTEMBRE VIENE CELEBRATO IL “FERTILITY DAY”, GIORNATA DEDICATA ALLA FERTILITÀ E ALLA «PROCREAZIONE COME BENE COMUNE».

Utilizzando una retorica movimentista e linguaggi contemporanei, i post-fascisti del Partito Democratico dichiarano che il corpo delle donne deve essere messo a disposizione dello Stato italiano, per sfornare nuovi bimbi italioti, bianchi e sani, affinché in qualche modo sostengano le basi di un welfare ormai allo sbando.

Eppure queste parole non ci suonano nuove: richiamano alla mente tempi e idee lontani (o forse no?) in cui le Donne (maiuscolo d’obbligo), «madri della Patria», erano considerate semplici incubatrici pronte ad espellere nuovi cadetti e balilla. Quando QUALCUNO, per incentivare la procreazione, cercava di corrompere le fragili famiglie regalandogli intere batterie di pentole nuove.

Nel 2016 tutto questo sembrerebbe impossibile… e INVECE pochi giorni fa la Lorenzin ha pubblicamente detto che la fertilità va riletta come «bisogno essenziale non solo della coppia ma dell’intera società, promuovendo un rinnovamento culturale in tema di procreazione». Per riscoprire il «Prestigio della Maternità». In sintesi: i fascio-zombie son tornati!

E infatti, mentre ci sembra di vivere un’apocalisse, tra cambiamenti climatici, guerre senza fine e popoli in crisi, i fascio-pop del PD ci parlano di problema demografico, asserendo che:

– una donna non è libera di scegliere quando, come e se procreare: deve farlo per il bene di tutt*, perché il suo utero è «un bene comune»; d’altronde, se fai figli sei una donna, mentre se non ne fai, sarai al massimo un’isterica zitella. Anni e anni di lotte femministe e di «il corpo è mio e me lo gestisco io» finiscono seppelliti da immagini stigmatizzanti di donne con l’orologio biologico quasi scarico. Cosa vuoi che siano, poi, nove mesi di gravidanza, travagli e parti affidati alla pubblica sanità precarizzata, mesi e mesi di allattamento e cura mentre l’Unione Europea, tramite i suoi paladini, decreta la fine delle misure di welfare e la celebrazione della flessibilità attraverso le sue politiche di austerità?

– Mentre persone dello stesso sesso reclamano il diritto di avere figli, così come persone single reclamano la possibilità di adottare… mentre interi popoli chiedono asilo fuggendo dalle loro terre martoriate dalle nostre bombe… mentre figli di genitori di un altro colore chiedono di essere in qualche modo considerati… lo Stato investe per sottolineare il bisogno di coppie italiane, bianche, giovani ed eterosessuali, ribadendo l’unico modello di vita obbligatorio: quello riproduttivo.

MA NOI COSA VOGLIAMO?

RIVENDICHIAMO la libertà di decidere riguardo i nostri corpi! Così come di decidere quando, come e se fare figli; e rivendichiamo pure il diritto all’aborto, in un paese in cui più del 70% del personale medico si rifiuta di praticare interruzioni volontarie di gravidanza con la scusa dell’obiezione di coscienza.

Rivendichiamo la nostra improduttività in un sistema che ci fagocita e che cerca di trarre profitto da ogni aspetto della nostra esistenza, e per questo…

COMINCIAMO UNA RIVOLTA RIVENDICANDO la libertà di fare sesso per puro piacere, consumando e sprecando le nostre energie riproduttive, scegliendo di non cadere nella trappola sesso = procreazione. In un momento di crisi, difronte ai morti viventi di sempre, cambiamo le sorti dell’apocalisse… che sia queer!!!

LAB ANTIFA

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[MO] «Le cinque giornate di Modena» dal 21 al 25 settembre

Modena antifa

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[BO] Ancora vandalismi neofascisti

Nei giorni scorsi una svastica è stata tracciata con vernice nera sulla saracinesca dell’osteria «La Frasca» di via Andrea Costa ed è stata subito cancellata.

In via Broccaindosso è stata bruciata la corona commemorativa che ricorda il partigiano pianorese Giancarlo Romagnoli, fucilato dai fascisti all’età di 19 anni.

Alcuni abitanti della via hanno prontamente attaccato alcuni mazzi di fiori con un cartello con scritto: «C’è ancora bisogno dei partigiani dato che ci sono ancora i fascisti».

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[Piacenza] Fascismo padronale!

Nel 2013 la Questura di Piacenza emetteva alcuni fogli di via triennali contro il coordinatore del Sì Cobas e altri attivisti per aver partecipato alle lotte prima della TNT e GLS e poi dei lavoratori Ikea, con una precisa scelta politica antioperaia.

Adesso, nella notte tra il 14 e il 15 settembre, Abd Elsalam Ahmed Eldanf, un operaio 53enne della GLS di Piacenza, è stato travolto e ucciso con un camion dopo che un dirigente dell’azienda avevano incitato il conducente a forzare il picchetto davanti ai cancelli.

La Procura di Piacenza fa quadrato e continua ad accreditare la tesi dell’incidente. Ma d’altro canto non ha mai speso nemmeno una parola contro gli abusi sistematici, i ricatti, le minacce e le violenze commessi da molte aziende della logistica.

Sono questi i frutti avvelenati delle politiche fascistoidi sul lavoro!

Vedi: Zic, Internazionale, Manifesto

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Come è finita la storia di Emmanuel Chidi Nnamdi ucciso a Fermo da un neofascista

Aggiornamento del 18 ottobre 2016. Amedeo Mancini, il neofascista responsabile della morte di Emmanuel Chidi Nnamdi ucciso lo scorso luglio a Fermo, è tornato a casa il 12 ottobre e la tifoseria fermana gli ha dedicato l’ennesimo striscione di saluto e complicità: «E quindi uscimmo a riveder le stelle, bentornato fratello».

«E quindi uscimmo a riveder le stelle» è l’ultimo verso dell’Inferno di Dante (Inferno, XXXIV, 139), ma l’inferno di Mancini è la sua ideologia razzista e omicida con la quale non si rivedono né stelle né verità né altro.

* * *

Negli episodi di violenza che si sono susseguiti quest’estate a Fermo fin da subito si è notata la gran sollecitudine dei poteri locali – poliziotti, politici, giornalisti, amministratori, benpensanti – nel deviare l’attenzione dall’evidente matrice neofascista e razzista di bombe e violenze. E nell’escludere che i diversi episodi fossero collegati da un unico filo nero che magari avrebbe potuto portare verso qualche esponente della buona borghesia locale.

Pare infatti che il neofascista Amedeo Mancini che ha ucciso Emmanuel con indosso la maglietta d’ordinanza di CasaPound, ricevesse soldi da alcuni negozianti del centro per allontanare profughi e migranti che chiedevano l’elemosina davanti ai loro esercizi. E così Mancini si sarebbe abituato a «tirare le noccioline ai negri», come ha dichiarato il fratello.

Ma ora la curva dei tifosi della Fermana non ha alcun problema a definire l’assassino «vittima» e persino «eroe»: «Non mollare perché… c’è una curva che lotta per te…».

E lo stesso sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, dichiara: «Non penso nulla di male contro Emmanuel, ma sicuramente la città si è schierata con Amedeo».  Un’opaca chiusura a difesa del proprio buon nome che rende ancora più terribile e inutile quella morte.  La moglie ha preferito andarsene dalle Marche. E il corpo di Emmanuel, che doveva rientrare in Nigeria, è ancora in Italia per motivi burocratici.

Ora si apprende che il neofascista, inseguendo Emmanuel che stava già allontanandosi, dapprima gli sferrò un calcio alla gamba sinistra procurandogli la rottura del tendine e poi lo colpì con un pugno sul volto facendolo cadere a terra.

E non c’è il dna di Emmanuel sul paletto che, secondo i «testimoni oculari», il nigeriano avrebbe usato per colpire Mancini. Invece sono le tracce di Mancini ad essere molto evidenti sul segnale stradale. Proprio come aveva detto la moglie, contro cui tanti giornali hanno promosso una campagna diffamatoria cercando di trasformare la vittima in aggressore…

Ma l’assassino ha comunque ottenuto gli arresti domiciliari fra un coro di «Amedeo è uno di noi» e «Amedeo ti voglio bene» orchestrato dal Blocco studentesco e da Fratelli d’Italia. E anche il Comune di Fermo, che a luglio aveva strombazzato di volersi costituire parte civile contro Mancini, ora assicura invece che non ne ha più alcuna intenzione: «non troverete l’amministrazione nell’aula giudiziaria a improvvisarsi ispettore Clouseau», ha dichiarato il sindaco Calcinaro con la sua consueta finezza.

Intanto a Camaiore, in provincia di Lucca, si fanno le prove della caccia allo straniero.

E Coop rosse & Comunione e Liberazione intascano 11 milioni di euro l’anno per sovrintendere a uno dei tanti ghetti di Stato per immigrati…

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