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Abicì antifascista

La redazione di Qui e Ora si propone di dare inizio a una riflessione a più voci sul fascismo nei suoi aspetti culturali, antropologici ed esistenziali. Per ora è uscito un’interessate riflessione intitolata Abicì antifascista, di Andrea Russo e Pierangelo Di Vittorio

«La sveglia antifascista che ci fa balzare fuori dal letto comincia a suonare quando intuiamo che i dispositivi di sapere-potere “producono il reale” prima di reprimere; quando ci accorgiamo che anche la “realtà” in cui siamo immersi è una banale macchina da montaggio di flussi eterogenei di parole, immagini, suoni, ma che tende costantemente a trasformare l’eterogeneo in omogeneo. L’ipotesi politica che abbiamo cercato di far emergere insiste sul nesso tra lo stile di vita mainstream e le nuove forme di razzismo e fascismo». Leggi tutto su Qui e Ora.

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La Posta di Staffetta: un giro sull’autobus

Oggi l’indifferenza e la rassegnazione sono un po’ il segno di un clima civile sempre più deteriorato. Lo si è visto col recente pestaggio di un ragazzo gay in centro, sotto gli occhi di tante persone che non hanno fatto nulla. Non è però solo un fatto di episodi di violenza, ma qualcosa che si respira ogni giorno, nelle situazioni più quotidiane. Per la nostra rubrica di Posta pubblichiamo una mail che abbiamo ricevuto invitando tutt* a segnalare ogni evento di qualche rilievo alla mail staffetta at riseup punto net.

Ciao, sono rientrato a Bologna… Giusto il tempo di farmi un giro sull’autobus e trovarmi davanti un simpatico omino con la maglietta di «Terra dei Padri». Era di spalle, quindi sono andato a bussare sulla spalla e chiedergli se sapesse cosa avesse addosso. Lui si gira e con spavalderia mi guarda e mi dice: – Sì, sono fascista, qual è il problema? Era palesemente un soggetto con qualche disagio, quindi non ho naturalmente infierito sulla persona se non dicendogli che sarebbe il caso che non girasse con magliette neofasciste.

Lui ha approfittato della porta aperta per una fermata, è uscito e se n’è andato… Ma la parte più rilevante è stata la discussione con l’intero autobus: gli unici italiani a parlare erano un po’ infastiditi per il disagio creato, mamme con bambini che si lamentavano di voler solo stare tranquille e di non aver nulla da dire a chi non la pensa come loro, un’altra persona che riconosceva l’importanza dell’antifascismo, ma – non so perché, non ne ho veramente idea, ero anche vestito un po’ elegante – ha iniziato a parlarmi della violenza dei Notav, dicendo che se i Notav fanno violenza diventano come i fascisti. Vi giuro non ho idea del perché abbia tirato fuori questo argomento…

L’autobus era pieno stipato, si trattava dell’11, quindi fondamentalmente perlopiù tutti stranieri che non hanno detto una parola e anzi si sono anche un po’ lamentati.

Questo giusto per raccontare quanto in realtà non sia poi così percepito il problema… L’unica un po’ solidale è stata una signora dell’est che mi ha guardato e mi ha detto: – Bravo, hai fatto bene. Per il resto una tristezza disarmante…

Vabbè a presto…

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Il Tribunale permanente dei popoli e i diritti violati dei curdi

Non si può sconfiggere autoritarismo e fascismo senza costruire al contempo una società diversa e alternativa. Per questo il municipalismo libertario sperimentato dalla resistenza curda è una realtà sociale così intollerabile per lo Stato turco e per il fascista Erdogan alleato delle «democrazie» europee. Intollerabile fino alle stragi, alla tortura, ai bombardamenti sui civili. Ora anche il Tribunale Permanente dei Popoli documenta le atrocità dello Stato turco.

IL TPP E I DIRITTI VIOLATI DEI CURDI
di Gianni Sartori

A Parigi nel 2013 la longa manus del regime turco stroncava la vita di tre militanti curde.

Acquistava quindi un particolare significato il fatto che in tale città, alla Bourse de Travail, si svolgesse una sessione del Tribunale Permanente dei Popoli.

Il 15 e 16 marzo 2018 il TPP ha affrontato la spinosa questione delle reiterate violazioni del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario operate dalla Repubblica di Turchia.

La finalità, accertare se e quanto Ankara si sia resa colpevole di crimini di guerra nell’ambito del conflitto che ormai da qualche decennio vede contrapporsi lo Stato turco al popolo curdo. Continued…

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[BO] Rito collettivo contro la recente aggressione omofoba in centro

Prima lo hanno insultato perché aveva «l’aria da frocio», gli hanno sputato e, quando ha cercato di allontanarsi, uno del gruppo è sceso dall’automobile, l’ha rincorso e lo ha lasciato a terra sanguinante, spaccandogli il naso e provocandogli un trauma cranico. Poi gli hanno anche rubato lo zaino e il telefono. Attorno era pieno di gente, ma nessuno è intervenuto in alcun modo alle grida di aiuto. Non era un angolo sperduto o deserto, ma la piazzetta dietro l’Arena del Sole dietro Via Indipendenza.

Già, anche questa è Bologna dove piccoli neofascisti crescono tra l’indifferenza di benpensanti e moderati…

Oggi venerdì 30 marzo alle h. 18.30, in piazzetta San Giuseppe, si terrà un rito collettivo di de-omofobizzazione in solidarietà alla compagna frocia e per opporsi alle minacce e alle violenze motivate dall’odio omofobo, sessista e dalle strumentalizzazioni razziste.

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[BO] Diego Fusaro e il confusionismo identitario

Pare che lo scorso martedì 27 marzo il maître à penser rossobruno Diego Fusaro abbia partecipato a un incontro nella Sala del Baraccano sul tema dei «Villaggi Sovrani».

L’evento, sponsorizzato dal ricchissimo conte Giovanni Sassoli de’ Bianchi, è stato organizzato dalla Libreria IBIS di Bologna e dall’associazione «Interesse Nazionale» che sul proprio sito mette insieme frasi di Gramsci e del fascista Giovanni Gentile che nel 1943 aderì alla RSI e fu giustiziato a Firenze nel 1944 dai GAP. Insomma, il solito indigesto minestrone dei rossobruni…

Diego Fusaro – il simpatico «filosofo» confusionista allievo di Costanzo Preve, che ama i selfie e i talk show, che si definisce al di là della destra e della sinistra, ma che frequenta soprattutto salotti aristocratici, combriccole omofobe e sedi neofasciste – parlava della sua ultima trovata: i «Villaggi Sovrani», ovvero microcomunità autogestite.

Dal momento che, dice Fusaro riciclando il riciclabile, gli Stati sovrani non sono più tali perché travolti dal «mondialismo», bisogna creare degli enti sovrani più vicini alle persone. E questi «villaggi» sarebbero caratterizzati dalla gratuità dei servizi.

Occorre anzitutto notare che in questo modo il concetto di autogestione viene strumentalmente declinato in maniera identitaria, sovranista, chiusa, gerarchica, autoritaria: insomma una riproposizione della «comunità escludente», la terra e la stirpe, le piccole patrie di tutte le malinconie nostalgiche…

In altre parole, ancora una volta Diego Fusaro, che evidentemente è molto ben supportato e sovvenzionato da chi intende rimestare nel torbido, prende un concetto e lo rivolta come un calzino spostandolo a destra, a beneficio di padroni e ricconi.

Tra l’altro, proprio Diego Fusaro minaccia ora querele contro la rivista «Malamente» per la critica (a parole) subita nelle Marche che ha portato al dietrofront della Regione riguardo al patrocinio di una iniziativa di estrema destra con anche lui presente.

E va anche notato che la Sala del Baraccano continua ad essere una sede sempre disponibile per la propaganda della destra identitaria. E la cosa va di fila con l’indegno atteggiamento recente della Presidente di Quartiere Rosa Maria Amorevole, del Partito Democratico, che ha strappato un volantino sui desaparecidos argentini.

Sarebbe interessante sapere se la signora Amorevole sia andata a strappare anche i volantini di Diego Fusaro & soci…

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[BO] Qualche iniziativa verso il 25 aprile

Giovedì 29 marzo alle ore 20 si terrà a Xm24 la presentazione del libro di Silvio Antonini «La battaglia di Cable Street. La disfatta delle camicie nere inglesi e la nascita dell’antifascismo militante europeo». Ci sono date rimosse dalla memoria collettiva che segnano avvenimenti decisivi della nostra storia e il 4 ottobre 1936 è senza dubbio una di queste: quando i proletari inglesi scesero per le strade dell’East End di Londra e sbaragliarono la British Union of Fascists di sir Oswald Mosley impedendo che l’Inghilterra diventasse una dittatura sul modello nazifascista.

Venerdì 30 marzo alle ore 19 verrà proiettato al Circolo anarchico Camillo Berneri il cortometraggio «Bash the fash» (2017) edito dal network nordamericano Sub.Media e seguirà un dibattito con David Bernardini autore del libro «Il barometro segna tempesta. Le Schiere Nere contro il nazismo» (La Fiaccola, 2014).

Domenica 8 aprile vi sarà una passeggiata per le vie della Bolognina sui luoghi dei combattimenti partigiani contro il Nazifascismo e la sera a Xm24 una presentazione della nuova mappa delle aggressioni neofasciste a cura di ECN antifa.

Giovedì 12 aprile si terrà a Xm24 la presentazione dell’opuscolo informativo di Emila Antifa intitolato «Monitoraggio sui fascismi nei territori di Modena, Carpi, Reggio Emilia e Bologna». Un opuscolo che ha dato parecchio fastidio alla politica istituzionale bipartisan perché sottolinea la perenne, ambigua sinergia fra moderati e camerati, fra benpensanti elegantemente vestiti e squadristi di strada…

Ora e sempre resistenza!

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Afrin: il Vietnam di Ankara?

La rivoluzione in Rojava e il mondo della modernità capitalista sono due bozze di società che si escludono a vicenda

AFRIN: IL VIETNAM DI ANKARA?
di Gianni Sartori

AFRIN resiste. “Con altri mezzi”, ma resiste.

Nonostante quanto dichiarato da  vari mezzi di informazione. Magari lasciando trapelare un sospiro di sollievo per essersi tolti dalle palle – loro credono – questi fastidiosi curdi che ancora nel XXI secolo credono di poter costruire una società più giusta (stavo per dire “di liberi e uguali” ma poi penso all’indebita appropriazione operata dal partito di Massimo D’Alema, il personaggio che – di fatto – aveva contribuito a consegnare, mani e piedi legati, Ocalan ai boia).

Due mesi fa (28 gennaio) il secondo esercito della Nato, rimpolpato con le bande aggregate di fanatici jihadisti e mercenari – ascari – di varia estrazione, varcava i confini siriani. Due mesi di torture, stupri, esecuzioni sommarie, scempio di cadaveri e tombe. Ricordate come e quando le bande fasciste di Franco distrussero la tomba di Guido Picelli (uno dei fondatori degli Arditi del Popolo a Parma, poi comunista dissidente, caduto combattendo per la Repubblica in Spagna), riesumandone il cadavere  e disperdendo i resti?

Fascisti, nazisti, falangisti, Stato islamico, esercito turco… a ben guardare non si coglie gran differenza.

Come ha sottolineato Karl Plumba (in “lower class magazine”) la battaglia di Afrin indica apertamente quale sia “il carattere della rivoluzione nel Rojava. Da un lato mostra che l’amministrazione autonoma nel nord della Siria non è affatto un progetto “proxy” di uno dei blocchi di potere imperialisti – sia la Russia che la NATO hanno palesemente dato il loro assenso all’ingresso della Turchia. D’altro canto – e questo qui è quello che è davvero decisivo – la resistenza intorno a Afrin e il travolgente sostegno da tutto il Rojava, dimostra esattamente una cosa, ossia che lì è in corso una rivoluzione che coinvolge l’intera società. Una rivoluzione che viene sostenuta dalla maggioranza della popolazione che, se dovesse diventare necessario, ne difenderà le conquiste anche costo della vita”.

In migliaia sono rimasti tra le case e le macerie di Afrin e altre migliaia di civili solidali sono giunti in convoglio da tutta la Federazione Democratica della Siria.

Pur tra i combattimenti e gli attacchi dell’aviazione, nella Giornata Internazionale delle Donne, queste hanno manifestato a migliaia.

L’occupazione definitiva da parte delle truppe turche e jihadiste comporterebbe l’affossamento delle conquiste consiliari, autogestionarie e democratiche fin qui realizzate. Si assisterebbe inoltre all’eliminazione (o quantomeno all’espulsione) della popolazione locale, controbilanciate dall’insediamento di profughi siriani provenienti direttamente dai campi della Turchia. Inoltre l’occupazione di Afrin consentirebbe quel collegamento definitivo tra la regione di Idlib (sottoposta alle milizie di Al-Qaida) e quella intorno a al-Bab e Jarablus (già sotto occupazione turca). Una opportunità – da non sottovalutare – per Erdogan di indire un referendum farlocco e istituire uno “stato-fantoccio” filo-turco nei territori occupati dalle truppe di Ankara (sul modello di Cipro).

Per evitare ulteriori massacri, migliaia (si parlava di oltre 150mila) di civili sono stati evacuati dalla città circondata utilizzando l’ultimo corridoio che consentiva il transito verso i territori controllati dall’esercito di Assad. Da rilevare che anche le colonne dei fuggitivi sono state sottoposte agli attacchi aerei indiscriminati dell’aviazione turca.

Mentre la Turchia dava per scontata l’avvenuta occupazione di Afrin, in un comunicato di YPG/YPJ e FDS si annunciava una nuova fase della Resistenza. Sostanzialmente, parafrasando Carl von Clausewitz: la “prosecuzione della lotta con altri mezzi”.

Come a Kobane nel 2014, come due anni fa nelle città curde come Nusaybin (Bakur – Kurdistan del Nord, sotto amministrazione turca) quando poche centinaia di giovani militarmente inesperti – ma coraggiosi determinati – seppero far fronte per mesi al secondo esercito della Nato. O anche come nel secolo scorso in Vietnam.

Ha dichiarato l’internazionalista Heval Cihan che “appena inizia la guerra in città, vale il vecchio credo‚ la superiorità della tecnologia non potrà spezzare la superiorità della volontà più forte”.

Si era già visto nella battaglia di Kobane e anche nella liberazione di Sengal, Minbic, Tabqa e Raqqa. D’altro canto è prevedibile, proseguiva Heval Cihan, che “se dalle altre parti del Kurdistan e Medio Oriente, da tutto il mondo non arriva sostegno e le amiche e gli amici in Afrin vengono lasciati soli, prima o poi la superiorità tecnica e numerica del nemico annienterà anche la resistenza più forte.

Inutile poi attendersi una qualsiasi solidarietà o sostegno da parte delle potenze occidentali, quelle stesse che maggiormente hanno beneficiato del sacrificio curdo nella lotta contro lo Stato islamico. Da tempo Isis & C. non sembrano più in grado di inviare carnefici e stragisti nelle metropoli europee – e questo, va ribadito, grazie soprattutto al sacrificio delle combattenti e dei combattenti curdi.

Ma comunque, commentava ancora Karl Plumba “gli Stati imperialisti e i loro rappresentanti sono gli interlocutori sbagliati per appelli del genere. La rivoluzione in Rojava e il mondo della modernità capitalista sono due bozze di società che si escludono a vicenda. L’una punta sulla liberazione di genere, la democrazia di base, la parità diritti e l’ecologia e l’altra sullo scontro competitivo e il brutale sfruttamento per la massimizzazione dei profitti. Queste due parti non potranno mai essere alleate e anche la collaborazione tattica, questo lo dimostra il passato, dura solo esattamente fino a quanto ci sono interessi esattamente coincidenti o gli interessi dei diversi blocchi imperialisti possono essere usati l’uno contro l’altro. Gli unici alleati strategici che ha la rivoluzione del Rojava, siamo tutte e tutti noi. Noi, le forze progressiste, democratiche, comunaliste, socialiste, anarchiche, rivoluzionarie in tutto il mondo”.

Per questo “la perdita di Afrin non sarebbe solo una perdita per la rivoluzione nella Siria del nord, ma una perdita per tutte e tutti noi, un contraccolpo nella lotta di tutte e tutti noi per un mondo migliore. Non illudiamoci, così come oggi l’imperialismo affronta Afrin, prima o poi affronterà tutto il Rojava e ogni altro progetto progressista in questo mondo e i nostri soli alleati in questa lotta sono le nostre compagne e i nostri compagni in tutto il modo”.

Pur con tutto il pessimismo (della ragione, ma anche dell’esperienza storica) per l’ennesima possibile sconfitta di una lotta di liberazione di valenza planetaria, va ribadito il sostegno alla lotta – inequivocabilmente di segno internazionalista e antifascista – delle compagne e dei compagni curdi. Qui e ora.

Gianni Sartori

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[BO] ven 23 mar h.17.30: Global Action for Afrin in Piazza Nettuno

GLOBAL ACTION FOR AFRIN

Venerdì 23 marzo ore 17.30 Piazza del Nettuno

Invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza per il popolo curdo contro l’aggressione della Turchia
Invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza per difendere Afrin, per difendere la rivoluzione delle donne, per il Confederalismo Democratico.

Aderiamo all’appello internazionale lanciato dalle compagne e dai compagni curdi per scendere nelle piazze di tutto il mondo in solidarietà ad Afrin:

Il 20 di gennaio è iniziata l’invasione del cantone di Afrin. Questo territorio, collocato nella parte occidentale della Federazione Democratica della Siria del Nord, è stato bombardato senza pietà da cacciabombardieri, artiglieria e ogni tipo di armamentario moderno che porta il marchio della Nato. L’esercito Turco, al fine di non sporcarsi le mani e cancellare il numero di morti dalle sue statistiche, sta conducendo l’attacco servendosi di milizie jihadiste. Queste milizie, che in principio facevano parte di Al-Qaeda e che nel 2014 si sono riorganizzate nella forma di Daesh, vanno oggi sotto il nome di FSA. Le immagini brutali che gli invasori stanno pubblicando sui propri social media, così come le chiamate rumorose alla guerra contro gli infedeli, al grido di “Allaha Akbar”, ci ricordano che il Rojava sta ancora combattendo lo stesso nemico che ha già sconfitto a Kobane e Raqqa. Ma questa volta, la bandiera dietro cui avanza è quella del secondo più grande esercito della NATO. Del resto, in molte immagini la bandiera nera di Daesh è stata avvistata insieme alla bandiera rossa della Turchia. Molti combattenti, uccisi in battaglia dalle forze di auto-difesa che stanno resistendo ad Afrin, sono stati senza dubbio identificati come comandanti di Daesh.

Il dittatore fascista e misogino dello stato turco, Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato pubblicamente che, attraverso questa invasione ai danni di un territorio autonomo all’interno di una nazione sovrana, si augura di “restituire Afrin ai suoi veri proprietari”. Dietro questa messinscena, si sta effettivamente portando avanti una pulizia etnica e un genocidio ai danni del popolo Curdo e di altre minoranze che vivono ad Afrin da tempo immemore. Afrin è stato uno dei pochi territori che hanno relativamente goduto di una situazione di pace durante la sanguinosa guerra che imperversa in Siria negli ultimi sette anni. Molte famiglie sfollate dalla guerra hanno trovato rifugio in questo territorio. In questo momento, Erdogan sta provando ad approfittare di questa instabilità e della sofferenza che attanaglia la popolazione della Siria per legittimare la sua sete imperialista di potere, sognando di riconquistare i territori che una volta erano occupati dall’impero Ottomano.

La comunità internazionale sta chiudendo gli occhi di fronte alle continue richieste di aiuto che arrivano da Afrin. Il ritiro delle truppe russe che stazionavano ad Afrin ha dato il via libera all’invasione e ha mostrato la complicità della Russia con lo stato turco. Ad ogni modo, non è minore la complicità degli stati membri della NATO. Questi ultimi stanno permettendo alla Turchia di utilizzare armamentari e tecnologie occidentali per massacrare civili. La Federazione democratica della Siria del Nord è stata la principale forza di opposizione alla barbarie islamista di Daesh, ma ciò sembra essere irrilevante per quei governi che, fin dal 2014, avevano condannato ogni massacro rivendicato dalla propaganda di Daesh. Il 24 Febbraio, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha unanimemente adottato una risoluzione per una tregua in tutta la Siria. Ciò ha offerto un barlume di speranza per evitare altri massacri di civili. Nonostante questo, resta innegabile il silenzio seguìto all’intensificazione degli attacchi turchi.

D’altra parte, il regime baathista di Bashar Al-Assad’s, dopo aver dichiarato che non avrebbe mai permesso l’invasione di suolo Siriano da parte della Turchia, ha dimostrato la propria incapacità di affrontare l’aggressione. Malgrado un sistema antiaereo potrebbe fermare gli attacchi della forza aerea turca, il regime ha richiesto ad Afrin di sottomettersi completamente allo stato siriano e rinunciare alla propria autonomia, che è stata ottenuta attraverso il processo rivoluzionario che ha avuto luogo in Rojava negli ultimi anni. Non ci sono dubbi che questa invasione sia il risultato degli accordi di Sochi tra Assad, la Russia e la Turchia. L’esercito Arabo Siriano ha scelto di evitare ogni confronto diretto che potrebbe opporsi ai piani di Erdogan e di abbandonare le forze siriane democratiche. La sua dipendenza dalla Russia e la sua ostilità nei confronti della Federazione Democratica della Siria del Nord sta permettendo alle forze jihadiste neo-ottomane di occupare Afrin.

La situazione è critica. Le forze di occupazione sono ai cancelli della città. Una città che offre riparo non solo ai suoi abitanti, ma a molti rifugiati che hanno lasciato i propri villaggi dopo la distruzione causata dai bombardamenti turchi. Oltre ai bombardamenti massicci, sono stati registrati attacchi chimici contro i civili, in particolare con cloro gassoso. E ancora, questa non è che l’immagine di una parte sola del disordine provocato: anche le infrastrutture vitali alla sopravvivenza della popolazione civile sono state volutamente attaccate. Una settimana fa la Turchia ha interrotto la fornitura di acqua e elettricità alla città, costringendo i residenti a fuggire. L’assedio continua e la popolazione va incontro ad un massacro imminente. Ieri si trattava dell’ISIS a Kobane, oggi dello stato turco ad Afrin.

La Comune internazionalista del Rojava, tenuto conto di tutti questi avvenimenti, si unisce alle molteplici iniziative di solidarietà con Afrin. Esortiamo tutte e tutti a unirsi in una giornata di azioni e solidarietà globale, come quello che ebbe luogo l’1 Novembre 2014 per Kobane. E come kobane, Afrin resisterà, Afrin vincerà.

La solidarietà con Afrin sarà ricevuta e sentita da tutto il mondo, per provare che Afrin non è sola e che il progetto democratico e antipatriarcale che vive ad Afrin sarà difeso dal mondo intero.

#GlobalActionforAfrin

Circolo Anarchico Berneri
CUA-Collettivo Universitario Autonomo
Laboratorio Crash
Làbas
LUBO-Libera Università Bologna
Nodo Sociale Antifascista
TPO
Vag61
XM24
YaBastaBologna

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Report Assemblea Nazionale Unitaria di Movimento – Ancona, 10 Marzo

Report Assemblea Nazionale Unitaria di Movimento – Ancona, 10 Marzo (da Assemblea10 marzo)

Durante l’Assemblea Unitaria di Movimento svoltasi il 10 Marzo ad Ancona, sono stati presi alcuni appunti dei vari interventi che si sono susseguiti. Il report che segue è un sunto dei contenuti espressi, tratti come da bloc-notes: per questo motivo il testo risulta come agglomerato di concetti, assemblati in maniera poco articolata. La scelta è stata quella di restituire i temi del confronto assembleare, nella stessa forma, vera, in cui si è dato. Buona lettura! Continued…

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[BO] mer 21 mar h.20: proiezione del film «Una generazione scomparsa» di Daniele Biacchessi e Giulio Peranzoni

Proiezione del film di Daniele Biacchessi e Giulio Peranzoni «Una generazione scomparsa – i mondiali in Argentina del 1978», organizzata dal Coordinamento antifascista Murri e dal Nodo Sociale Antifascista per mercoledì 21 marzo 2018, dalle ore 20.00, presso la Sala del Baraccano in via Santo Stefano 119.

A seguire dialogheremo con l’autore e regista Daniele Biacchessi e con Simone Cuva e Patrizia Dughero di 24marzo.it.

«Nosotros no ganamos par esos hijos de puta. Nosotros ganamos para nuestra gente».
(Cesar Luis Menotti)

«La dittatura militare argentina godeva di buona salute e per provarlo organizzò l’undicesimo campionato del mondo di calcio. Parteciparono dieci paesi europei, quattro americani, Iran e Tunisia. Il Papa inviò la propria benedizione. Al suono della marcia militare, il generale Videla decorò Havelange nella cerimonia di inaugurazione nello stadio Monumental di Buenos Aires.

Ad alcuni passi da lì, era in pieno funzionamento l’Auschwitz argentino, il centro di tormento e sterminio dell’ESMA, la Scuola Meccanica dell’Esercito. E alcuni chilometri più in là gli aerei gettavano i prigionieri vivi in fondo al mare.

Alla fine il mondo può vedere la vera immagine dell’Argentina”, celebrò il presidente della Fifa davanti alle telecamere. Henry Kissinger, invitato speciale, annunciò: “Questo paese ha un grande futuro”. E il capitano della squadra tedesca, Berti Vogts, che diede il calco d’inizio, alcuni giorni dopo dichiarò: “L’Argentina è un paese dove regna l’ordine. Io non ho visto nessun prigioniero politico”».
(Eduardo Galeano)

Ed è di qualche giorno fa la conferma, quarant’anni dopo, che nel 1978 la dittatura argentina si comprava le partite del Mondiale nel tentativo di dare un’immagine normale e vincente di sé…

Il calciatore peruviano Velasquez rivela: «Venduta la sfida del Mondiale ’78 con l’Argentina». Ogni fascismo, mentre mette in atto i suoi rituali di morte e di strage, ha bisogno di dare un’immagine fittizia e rassicurante di normalità, di equità e di salute. E forse non è solo una cosa del passato…

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